Letteratura

La parola che crea il mondo

Il sacro, la poesia e la sua importanza per la crescita di bambine e bambini, nel saggio di Paola Martina Attuoni

  • 18 settembre, 11:05
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Di: Red/Letizia Bolzani 

La parola poetica è una parola “altra”, risiede su una soglia del linguaggio che dischiude verso potenzialità nuove di senso, un senso che non è quello referenziale della realtà.
Così l’infanzia possiede una dimensione intrinseca di soglia verso un Altrove dove tutto è possibile, dove ogni cosa può essere altro, nel gioco magico del “facciamo che era”. Questa categoria della soglia, della liminalità, può quindi essere fertile terreno di incontro tra poesia e infanzia.
A queste riflessioni, che vanno ben oltre il luogo comune del bambino-poeta, ma che riportano l’infanzia alle sue radici di inquietante e meravigliosa alterità, ci porta il saggio La poesia e l’infanzia. Incontri, intrecci, possibilità nella terra marginale della “parola magica” (Edizioni Sinestesie), di Paola Martina Attuoni. La giovane studiosa è stata ospite di Letizia Bolzani, curatrice de Nella tana del Bianconiglio, per parlare del rapporto tra poesia e infanzia, di poesia per l’infanzia, e di infanzia nella poesia.

Un libro che parla di poesia per l’infanzia e anche un po’ di infanzia nella poesia.
Un tema, quello della poesia nella letteratura per l’infanzia, di cui non si parla mai abbastanza e mai abbastanza bene. E il saggio di Paola Martina Attuoni lo fa in modo eccellente, raffinato, non banale. Il volume è il risultato del dottorato di ricerca in Scienze Pedagogiche che Martina Attuoni ha conseguito all’Università di Bologna sotto la supervisione di Milena Bernardi. La collana dell’editore Sinestesie dal titolo “deamicisiano” La libreria di Stardi ha un comitato scientifico internazionale molto prestigioso, composto da docenti universitari di letteratura per l’infanzia o scienze pedagogiche ed è pubblicata in eBook, con accesso libero, formato PDF per raggiungere la più ampia platea di lettori.
Un’ottima occasione per capire perché è importate proporre poesia ai bambini.

E sull’importanza di educare i bambini alla poesia Martina Attuoni evoca le parole di due grandi pedagogisti uno statunitense, John Dewey, e uno italiano, Giovanni Maria Bertin.

«Perché non regalare poesia alle bambine e ai bambini? Non tanto nell’ottica di un dovere, ma di un arricchimento della loro esperienza del vivere quotidiano. E qua ci appoggiamo a un grande della pedagogia John Dewey che ritiene l’educazione estetica come parte integrante dell’educazione dell’individuo. Ma proprio per regalare all’infanzia un’opportunità in più di rispecchiamento, un modo in più per raccontarsi, uno sguardo poetico sul mondo.
Un altro noto pedagogista, soprattutto della scuola bolognese, Giovanni Maria Bertin. Parla proprio di “memoria poetica del quotidiano”, quindi un modo poetico di abitare le giornate, di resistere un po’ alla frenesia che caratterizza la vita adulta. La poesia potrebbe essere un buono strumento per fermarsi, respirare, prendersi il tempo di un verso e, appunto, trovare rispecchiamento, modi nuovi per dirsi, per dire il mondo».

Martina Attuoni nel suo saggio scrive che la poesia e l’nfanzia si sono incontrate nel terreno della categoria della liminalità, una sorta di altrove fondamentale:

«Il mio saggio effettivamente segue un po’ il fil rouge della magia della relazione. Dico magia, ma intendendo in senso molto ampio il sacro, lo spirituale. Quindi ho un po’ percorso la storia della parola e in quali termini la parola si fa sacra, si fa magica. Se pensiamo ai poemi di creazione del mondo delle innumerevoli religioni, a partire da quella giudaico cristiana che magari conosciamo meglio. La parola proprio crea il mondo e lo spazio in cui questa parola creatrice, questa parola potente, si manifesta nella sua grande appunto potenza, è quello del rito. Quindi il momento liminale come fase centrale del rito in cui la comunità si ricrea confondendo le categorie, soffermando proprio il tempo e creando quasi uno spazio altro, appunto, un altrove. In cui le figure sciamaniche, se pensiamo alle società tribali, si fanno tramite fra un qui e un altrove, un mondo sotterraneo, un mondo celeste, un mondo in cui le categorie di vita e morte si confondono».

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