Musica pop

Donna Summer

Il 31 dicembre del 1948 nasceva la Regina della Disco Music

  • 31 dicembre 2023, 08:00
Donna Summer
  • Reuters
Di: Sergio De Laurentiis 

Le etichette spesso sono utili perché aiutano noi bipedi mediamente intelligenti a fissare, fare nostro un concetto piazzandolo in un rassicurante cassetto. Allo stesso tempo - perdonate l’ovvietà della remarque – possono essere anche fuorvianti. Appiattiscono tutto, hanno un che di manicheo: tutto diventa bianco o nero. Prendete ad esempio Donna Adrian Gaines, meglio conosciuta come Donna Summer. Per tutti è la “Regina della Disco” e a giusta ragione, per carità, ma il rischio è di fermarsi lì, in superficie, e pensare che alla fine sarà ricordata solo per un paio di pezzi danzerecci, un po’ ammiccanti, particolarmente azzeccati e poco più. La realtà è un po’ differente. 

Sì, perché nella storia di Donna Summer c’è poco di ordinario. Ce la vedete l’icona della Disco Music, con tutto il suo carico di sensualità, muovere i primi casti passi in chiesa per poi approdare nel giro di poco addirittura al “diabolico” rock psichedelico? Per quanto poco probabile o verosimile, è andata proprio così. Il gruppo rock che la recluta – i Crow - combina poco ma la cantante attira l’attenzione. Partecipa a un’audizione per entrare a far parte del cast del famoso musical “Hair”. La prendono, ça va sans dire. Piccolo dettaglio: le rappresentazioni sono previste a Monaco di Baviera. La giovane Donna, non ancora ventenne, vince le resistenze della famiglia, e si imbarca alla volta della vecchia Europa. Ci si trova talmente bene da restarci ben oltre il previsto, con tanto di tedesco fluente acquisito in men che non si dica, un marito (da cui prenderà il nome d’arte: Sommer anglicizzato in Summer) e la prima figlia, Natalia “Mimi” Sommer. 

Nell’ambito musicale fa un bel po’ di gavetta, con qualche singolo pubblicato ancora a nome di Donna Gaines e con molto lavoro di supporto sui palchi e in studio. Uno di questi si chiama Musicland Studios. È qui che incontra un altoatesino baffuto e riccioluto. Quello studio l’ha fondato lui pochi anni prima. Nel giro di poco attira a Monaco gente tipo Led Zeppelin, Queen, Rolling Stones, Marc Bolan & T Rex, gli Iron Maiden, i Deep Purple, Elton John e via discorrendo; insomma, la crème de la crème della musica mondiale. L’alto atesino è un musicista e un produttore che, come si suol dire, sa il fatto suo. E come tutti i musicisti e produttori di successo ha una cosa in particolare che lo differenzia dagli altri: un orecchio particolarmente sviluppato. Nel caso specifico rimane colpito da una canzone proposta proprio da Donna (non si limita a cantare, compone pure). Inizialmente, è pensata per un’altra cantante, ma non appena il produttore baffuto riascolta i primi provini, capisce subito che ha già trovato la voce giusta.

Il pezzo ha una carica abbastanza debordante di sensualità, debitamente sottolineata da sospiri e gemiti vari, che lasciano pochi dubbi sulla natura molto terrena dell’amore celebrato nel brano. Prima viene pubblicato in Europa e poi anche negli Stati Uniti. I già citati sospiri e gemiti qualche problemino lo creano, perché sono diverse le radio che si rifiutano da passare il brano. Ma evidentemente sono molte di più quelle che non si fanno scrupoli, perché all’inizio del 1976 “Love to Love You Baby”, prodotto da Giorgio Moroder - l’alto atesino baffuto e riccioluto - raggiunge le vette delle classifiche di tutto il mondo.  

Da lì in avanti Donna Summer comincia a infilare una serie impressionante di successi: “Hot Stuff”, “Bad Girls”, “On The Radio”, “No More Tears (Enough is Enough)” con Barbra Streisand. Si piazza regolarmente in testa alle classifiche e ammassa record su record. C’è un pezzo che merita un’attenzione particolare e qualche parola in più perché fa da spartiacque, apre letteralmente una nuova era. Lo schema di gioco è consolidato: mischiamo un po’ di movimenti danzerecci con un’abbondante dose di amor profano e vediamo che ci esce. In questo caso però c’è una novità che fa tutta la differenza del mondo. L’amico Giorgio per la prima volta utilizza solo ed esclusivamente un sintetizzatore per creare tutti i suoni della canzone. All’inizio non ci credono molto. Viene visto come un semplice esperimento, che al massimo merita di finire sul lato B di un singolo; per la cronaca “Can’t We Just Sit Down (And Talk It Over)”. Per fortuna qualcuno ascolta con più attenzione la facciata “debole” e si rende conto che c’è MOLTO più potenziale. È talmente potente da far dire a un tale: “Ho appena sentito il suono del futuro!”. Aveva ragione, perché aveva appena ascoltato “I Feel Love”

Il “tale” non è proprio l’ultimo arrivato. Si chiama David Bowie e come spesso gli è capitato ci ha visto giusto, perché “I Feel Love” segna l’avvento della “musica elettronica per le masse” e apre la strada a un sacco di generi – techno, electropop, house – che imperano ancora adesso. È tanto influente da essere inserito dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti – la più grande al mondo – nel National Recording Registry e cioè l’elenco di registrazioni sonore considerate “culturalmente, storicamente o esteticamente importanti”.

Dopo “I Feel Love” seguiranno altri successi e collaborazioni di alto livello (passando per esempio da Giorgio Moroder a un altro mostro sacro della musica come Quincy Jones). Ha l’intelligenza di non legarsi troppo al fenomeno della Disco e di smarcarsi al momento giusto, un attimo prima che venga sorpassato da altre tendenze. Questo le permette di continuare a piazzare singoli in cima alle classifiche; le permette di consolidare un’immagine di donna forte, indipendente, lontana dagli stereotipi in cui avrebbe potuto rimanere confinata copiando all’infinito la formula dei primi successi (musica dance e sensualità); le permette di conquistarsi l’affetto e il rispetto del pubblico e dei colleghi musicisti. Quando scompare nel 2012, molti di loro – del calibro di Aretha Franklin, Dolly Parton, Barbra Streisand, Quincy Jones, tanto per citarne solo alcuni - le dedicano sinceri e sentiti tributi. Come è giusto che sia, perché le Regine vanno sempre onorate.   

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