“Forse qui mi sento più simile alla mia specie, o qualcosa del genere. A Berlino c’è tanta gente che non è di Berlino. Viene qui per fare la sua musica e qualsiasi altra cosa artistica. Qui mi sento in buone mani, perché sono in mezzo a persone che hanno uno stile di vita simile al mio”. Nella capitale tedesca, Anna Erhard ha trovato una casa, e non solo nel senso di abitazione. In Germania, dove vive da qualche tempo, in un ambiente in cui si riconosce artisticamente parlando, è germogliato “Botanical Garden”, il suo ultimo album.
Dal punto di vista dei contenuti, il disco illustra la prospettiva imboccata dalla musicista basilese, sempre più concentrata sulle piccole cose della vita: “È più profondo nel modo in cui si focalizza su temi quotidiani e banali, piuttosto che sulle grandi questioni esistenziali. Ho ristretto il cerchio diventando ancora più specifica e dettagliata rispetto a prima”. Racconta che per lei è stato come andare all’incontrario rispetto alla sua scrittura, fino a “Usare la mia musica come un buon contrappeso ai grandi argomenti, quelli pesanti e importanti che sono d’attualità di questi tempi”.
Il fil rouge di “Botanical Garden” sono confronto e valutazione, l’ossessiva tendenza al doversi misurare con gli altri. Qualcosa che tutti possiamo osservare ogni giorno. Punti di vista che diventano canzoni come “170”, in cui Erhard confronta la sua altezza con quella di un’amica, o “Hot Family”, in cui è protagonista una famiglia fotogenica, tutta vestita di bianco, di cui anche lei vorrebbe fare parte.
Le nove canzoni di “Botanical Garden” mettono in evidenza l’ironia e la leggerezza di Anna Erhard. Un prendere le cose con il sorriso, sì, ma senza sottovalutazioni, perché a un ascolto attento affiorano l’acume e l’empatia che mette in ogni suo pezzo, oltre alla ricercatezza degli arrangiamenti.