“La musica di Worries and Other Plants è iniziata nel mio salotto. Registravo le mie canzoni lì ma non volevo suonarle dal vivo”. Da questi brani è nato un EP, che ha generato diverse richieste per concerti, le quali, a loro volta, hanno convinto il polistrumentista sangallese Dionys “Dio” Müller a mettere insieme una band vera e propria così da potersi esibire sul palco. Oggi Worries and Other Plants è un sestetto, fresco di pubblicazione del disco “Travel in Cycles”.
Sebbene lo stesso Dio non abbia un’unica definizione per lo stile del gruppo, potremmo descrivere la proposta dei WaOP come indie rock intriso di psichedelia - ora più scura, ora più variopinta, a seconda delle canzoni e del punto in cui si trovano nell’album. Aspetto, quest’ultimo, non secondario, perché fin dal titolo si capisce come siano i cicli a ispirare il disco, per l’esattezza quelli della vita. In “Travel in Cycles” si alternano le radici italiane del nonno (omaggiate in “Isernia”), la monotonia del vivere quotidiano e la morte della nonna. Una musica fai-da-te fin dal luogo d’origine, nella quale è racchiuso un messaggio di speranza basato sulla forza della comunità.
Dice, Dio Müller, che il nuovo disco suona “come se stessimo finendo qualcosa che però non finisce qui”. Perché tutto, nei suoi solchi, è come parte di un insieme, nonostante sia uscito in due lati separati. Una scelta ben precisa che vuole rispecchiare le tappe di un viaggio lungo il quale i problemi più profondi sono all’inizio, esattamente come è stato per il nostro ospite. Così, dall’asse nascita-morte la scaletta si muove verso un mondo più leggero. Una peregrinazione in cui ogni pezzo conduce a quello successivo, e la cui tappa finale è l’ineluttabile. Poi giri facciata e comincia un nuovo ciclo, esattamente come nella vita. “Travel in Cycles” è sì un viaggio, ma anche una riflessione sull’esistenza e le sue traiettorie circolari.