Musica folk

“Stagger Lee”, la ballata madre di tutti i gangsta

Filone arrivato a noi col rap, le origini risalgono a un fatto di sangue di fine Ottocento diventato canzone. Protagonisti due poco di buono e un cappello

  • Ieri, 10:58
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Tutto iniziò da un cappello volato via...

  • Imago/Rene Traut
Di: Maurizio Forte/Red. 

C’è un brano che probabilmente meglio di tutti condensa l’immaginario di ciò che sarebbe diventato il filone gangsta del rap. È Stagger Lee - o anche Staggolee - ballata le cui primissime versioni risalgono ai primi decenni del Novecento. Ci avrebbe poi pensato Lloyd Price negli anni Sessanta a portarla al successo. Un pezzo che, in seguito, sarebbe stato riletto da tantissimi artisti.

Ma andiamo con ordine e risaliamo alle origini di Stagger Lee, nel cui titolo si staglia la figura di “Stag” Lee Shelton. Shelton era un pimp, parola inglese che in italiano suona come “magnaccia”. Un tipo poco raccomandabile, insomma, frequentatore abituale delle peggio bettole di St. Louis, nello stato USA del Missouri.

La sera del 24 dicembre del 1895, Stag Shelton sta festeggiando la vigilia del santo Natale con il compagno di sbronze Billy Lyons. La serata prende subito una bella piega etilica, tanto che, a una certo punto, il simpaticissimo Billy stabilisce che, per essere ancora più simpatici, urge tirare una bella sberla al cappello indossato da Shelton. Detto fatto.

Come possiamo immaginare, Shelton non gradisce veder volar via così il suo bel cappello davanti alla stilosa utenza dell’osteria, e decide che per ripristinare l’onore occorre fare il “cappottino di legno” all’ormai ex amico Billy. Che in men che non si dica, si ritrova ridotto a un groviera, appesantito da qualche etto di piombo e passato al Walhalla di quelli che volevano essere simpatici. Shelton viene prontamente impacchettato e spedito nelle patrie galere, da cui mai uscirà. L’evento passa di bocca in bocca alla velocità della luce, trasformando Shelton in una vera e propria leggenda. Prima locale, poi assoluta.

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Stagger Lee la murder ballad pre-gangsta

Babylon’s burning 24.02.2025, 19:35

  • iStock

Stagger Lee è quello talmente cattivo che le mosche non gli girano nemmeno intorno alla testa e a cui la neve non cade mai addosso. Anzi, talmente cattivo che d’inverno la neve non cade nemmeno sulla sua casa. In breve, Stagger Lee si tramuta in una sorta di divinità criminale, simbolo di virilità (per i canoni del milieu di riferimento), personaggio senza paura di nulla e di nessuno. Uno che afferma il suo status a colpi di pistola o tramite le prodezze narrate dalle sue donne.

Insomma il gangster assoluto, quello definitivo, quello che nella canzone di inizio Novecento ha già dentro tutto ciò che serve per la completa definizione del gangsta style, che viaggia sul doppio binario di umorismo e violenza, esattamente come farà il gangsta rap quasi settant’anni più tardi. Stagger Lee diventa una delle più ficcanti crime song nella storia della musica popolare, reinterpretata e incisa da artisti di varia estrazione, dai Grateful Dead a Duke Ellington, passando per Woody Guthrie, Fats Domino, Ike & Tina Turner, James Brown, Wilson Pickett, Bob Dylan, i Clash e tanti altri ancora. Per arrivare a quella che, per interpretazione drammatica e scura intensità, può essere considerata la versione definitiva: quella consegnata alla storia dalla voce di Nick Cave.

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