11 dicembre 1964 è una data importante ma dimenticata della storia della musica pop. Quel giorno a Los Angeles muore in circostanze drammatiche Sam Cooke, grande cantante, autore, uno dei precursori della musica soul, personaggio tra i più rilevanti della cultura afroamericana del suo tempo. Muore ucciso dalla tenutaria di un sordido motel che racconterà di avergli sparato per reagire a un tentativo di aggressione; ma quasi solo le autorità crederanno a quella versione, che da subito chiude il caso, mentre la gran parte dell’opinione pubblica nutrirà dubbi, che durano ancora oggi, evocando scenari ben diversi. Cooke era fra le altre cose un attivista del Movimento per i diritti civili, e la sua musica un ponte fra il mondo afroamericano e la nuova generazione dei bianchi. Sono molti a pensare che la sua scomparsa abbia fatto gioco a chi si opponeva a quel dialogo, come pochi anni dopo sarebbe accaduto, fra i tanti altri, per Martin Luther King.
Il mistero delle ultime ore non può fare ombra a una carriera breve ma straordinaria, cominciata nel segno del gospel e proseguita con ben più fortuna nel campo della canzone profana. Cooke era nato a Clarksdale, la città di John Lee Hooker, in una famiglia in cui il padre era ministro di una chiesa battista; il cognome anagrafico era Cook, il giovane Sam aggiunse una “e” convinto che così fosse più elegante. Dotato di una bellissima, chiara voce, il ragazzo esordì con i Soul Stirrers registrando buone pagine di musica gospel ma nella seconda metà degli anni ‘50 preferì passare al pop, nascondendosi dapprima dietro a uno pseudonimo per usare poi senza finzioni il suo nome. Il primo hit fu “You Send Me”, subito al numero 1 della classifica dei singoli, che stabilì un modello di canzone garbata, sentimentale, ammiccante, capace di rivolgersi non solo al pubblico afroamericano ma anche a ragazze e ragazzi bianchi. Tra il 1958 di quel brano e il 1964 della imprevedibile fine, Cooke pubblicò qualcosa come undici LP e più di trenta singoli, non raggiungendo più il top della classifica ma vendendo comunque centinaia di migliaia di copie con canzoni quali “Cupid”, “What a Wonderful World”, “Chain Gang”, “Bring It On Home to Me” e “Twistin’ The Night Away”, grandi classici della musica black, amati e ampiamente ripresi.
Al pubblico piaceva l’immagine di ragazzo a modo e di bell’aspetto, ma Cooke era ben più che un idoletto per teenagers. Fu tra i primi a capire l’importanza di controllare i diritti della propria produzione e di esprimersi liberamente, e in quel senso fondò una propria etichetta, SAR Records; e poco prima di morire dimostrò di avere colto lo spirito di tanta musica nuova scrivendo un inno memorabile come “A Change Is Gonna Come”, controcanto afroamericano al “Times They Are-a Changin’“ proposto in quella medesima stagione da Bob Dylan. Quella canzone fu pubblicata come lato B del primo singolo postumo, nel 1965, e pochi mesi dopo Otis Redding, un suo legittimo erede, la riprese insieme a un’altra pregevole cover, “What A Wonderful World”, per il suo LP “Otis Blue”.
Cooke non poté lottare per quel “cambiamento in arrivo” che con tanta intensità cantava, un colpo di revolver dritto al cuore ne troncò la vita a soli trentatré anni. La sua memoria tuttavia è rimasta, le sue canzoni sono state e ancora sono fonte d’ispirazione per decine di artisti; e numerosi libri e documentari non hanno smesso di indagare sui tanti misteri della morte, lui ricco ragazzo abituato al lusso finito chissà perché in un motel da tre dollari a notte. Le parole più forti e chiare su quella vicenda le pronunciò a suo tempo l’amico Muhammad Ali: “Se Cooke fosse stato Frank Sinatra, uno dei Beatles o Ricky Nelson, l’FBI non avrebbe chiuso subito le indagini”.
Change, Cambiare
Legàmi - intrecci di note 03.06.2024, 21:00
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