Società

È la rete affettiva e di cura la vera famiglia tradizionale

Ci hanno fatto credere che la “famiglia tradizionale™” è quella nucleare, ed è la migliore possibile. Ma è proprio così? Percorriamo il pensiero di Michela Murgia e Brigitte Vasallo

  • 4 giugno 2024, 14:36
  • 5 giugno 2024, 09:58
Cristiane e femministe, è possibile?
Di: Elena Panciera 

Da adolescente, non sopportavo le amiche che appena fidanzate svanivano: volevano stare solo con lui, facevano regali solo a lui, non uscivano più se non in coppia.

Crescendo, mi sono resa conto che questa abitudine non scompare con l’età, soprattutto tra persone etero, cisgender (che si riconoscono nel genere che è stato loro assegnato alla nascita), monogame. Ho continuato a essere quella “strana”: pur essendo perennemente fidanzata, ho sempre considerato le amicizie importanti quanto la mia relazione romantica, ho scelto di trasferirmi lontano dalla persona che avevo sposato, non sono diventata madre.

Il fatto è che ci insegnano che la “famiglia tradizionale”, l’unica e vera e migliore possibile, è composta da mamma, papà e prole, e che se non ci conformiamo a questo standard c’è qualcosa che non va.

Anch’io ho pensato a lungo di avere qualcosa di sbagliato. Spostarmi dalla provincia a Milano mi ha permesso di conoscere molte persone nella mia stessa situazione – più o meno per scelta. Abitare in una città in cui la maggior parte delle persone che ci vivono non è originaria di lì mi ha permesso di intessere nuove amicizie anche in un’età in cui di solito non è così facile farlo. Oltre i trent’anni, di solito si vive con la persona con cui si ha una relazione romantica e sessuale, si pensa a costruire il nido e a riprodursi, si rinsalda il legame con la propria famiglia biologica (talvolta per meri motivi di necessità, economici o logistici). Le amicizie passano in secondo piano, sono considerate quasi un retaggio adolescenziale, «‘amori secondari’»: «l’amore per le amiche, per le nostre figlie [...] non sono intesi come amore allo stesso livello» di quello sessuale e romantico, nota Brigitte Vasallo (Per una rivoluzione degli affetti. Pensiero monogamo e terrore poliamoroso, effequ, 2022). Perché «ciò che definisce la monogamia non è l’esclusività, ma l’importanza della coppia rispetto alle amanti o ad altri tipi di amore. La gerarchia di alcuni affetti rispetto ad altri».

Per una rivoluzione degli affetti offre una visione rivoluzionaria delle relazioni – eppure, anche così “tradizionale”. Certo, Vasallo parla di relazioni sesso-affettive al di fuori della monogamia, ma la prospettiva che propone è molto più ampia: «La possibilità di un’alternativa al sistema monogamo non riguarda flirt e corteggiamenti, ma la collettivizzazione degli affetti, delle cure, dei desideri e dei dolori». Significa modificare la prospettiva riproduttiva, e quindi sessocentrica, della “famiglia tradizionale”.

Alcuni tipi di non monogamie cosiddette “etiche” o “consensuali” (per distinguerle da quelle in cui le parti coinvolte non sono consapevoli e consenzienti), che spesso implicano una gestione non gerarchica degli affetti, sono una delle alternative possibili.

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James Holden, uno dei protagonisti di The Expanse, nasce dal mix genetico di otto persone

Per Vasallo «la monogamia non è una pratica: è un sistema, una forma di pensiero. È una sovrastruttura che determina ciò che chiamiamo la nostra ‘vita privata’, le nostre pratiche sesso-affettive, le nostre relazioni amorose. Il sistema monogamo decide come, quando, chi e in che modo amare e desiderare, e anche quali circostanze sono causa di tristezza, quali di rabbia, cosa ci fa male e cosa no. Il sistema monogamo è una ruota che distribuisce privilegi sulla base dei legami affettivi ed è, inoltre, un sistema per organizzare quei legami».

La monogamia genera una struttura gerarchica tra le relazioni, al cui vertice ci sono i legami finalizzati alla riproduzione: «la coppia eterosessuale [...] è l’asse principale, seguita dalla consanguineità e, in terzo luogo, dai legami affettivi non consanguinei»: coppia, famiglia biologica, e solo a questo punto le amicizie.

Per Vasallo questa gerarchia si costruisce in diversi modi, tra cui dando al concetto di “esclusività” una connotazione positiva, e stimolando la competitività e il confronto. In altre parole, facendo in modo che la massima aspirazione sia appartenere alla struttura più auspicabile: la coppia. «In questa forma di pensiero competitiva e gerarchica, ci innamoriamo de ‘il migliore’ o de ‘la migliore’. Forse non il migliore o la migliore in assoluto, ma ‘la migliore per noi’, ‘la nostra dolce metà’, la persona che ci è predestinata e che sarà il tassello mancante di questo ingranaggio claudicante che è ciascuna di noi». 

L’esclusività sessuale che si ottiene con questa scelta, che viene comunemente chiamata “fedeltà”, per Michela Murgia era «l’altro nome del possesso» (Dare la vita, Rizzoli, 2024).

Ma davvero la “famiglia tradizionale” è sempre stata quella nucleare? Murgia ha dedicato il numero di giugno 2023 di «Vanity Fair» alle diverse forme di legami famigliari, biologici e “logici”, ovvero scelti. Nell’editoriale ha ricordato che «la famiglia contadina era una tribù popolosa di tre generazioni, dove nonnә, padri e madri, cuginә e sorelle, nipoti e affini vivevano intersecatә dentro al legame di sangue», e che «da decenni molte persone trovano in autonomia soluzioni alternative per garantirsi una qualità di relazione e una sicurezza di vita che non è più possibile raggiungere con il modello familiare previsto dalla legge attuale».

In Dare la vita, parla diffusamente della sua “famiglia queer”, che assomiglia molto a quella che Vasallo definisce “rete affettiva”. Murgia sostiene che «una società moderna, democratica e plurale dovrebbe strutturare rapporti di affidabilità a prescindere dai legami di sangue e considerarsi tanto più evoluta quanto più l’affidabilità si estende a chi è estraneə al gruppo familiare». E ricorda: «Di tradizionale c’è solo il patriarcato, un sistema di poteri patogeno dove le persone sono ruoli inamovibili, le relazioni dispositivi di controllo, i corpi demanio pubblico e i legami familiari meccanismi di deresponsabilizzazione».

Le reti affettive mettono al centro cura, responsabilità e libera scelta: questo mette in crisi il “pensiero monogamo” che prevede esclusività, competizione e gerarchia degli affetti, che dà priorità ai legami biologici rispetto a quelli logici, che mette al vertice un’unica relazione romantica e sessuale – e se non c’è, allora non c’è completezza né felicità possibile.

Io mi sono resa conto di aver costruito delle reti affettive quando ho capito che la mia famiglia sono le persone che sto scegliendo di avere vicino. Guardatevi intorno, pensate alle persone che vi circondano e fanno parte della vostra vita. Magari sono già loro la vostra rete affettiva, la vostra famiglia?

04:13

Accabadora - Michela Murgia

RSI Cultura 17.12.2022, 16:45

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