Società

Dove le famiglie sono di casa

Per Silvia Vegetti Finzi, le nostre abitazioni sono lo specchio delle trasformazioni che hanno toccato le nostre relazioni più intime 

  • Oggi, 11:43
07:49

Silvia Vegetti Finzi  

RSI Cliché 15.04.2025, 09:00

  • TiPress
Di: Alessandro Chiara 

L’intreccio tra il tempo storico e il tempo biografico è un tratto distintivo dell’approccio di Silvia Vegetti Finzi ed emerge in maniera emblematica quando si parla di famiglia e di casa: in questo luogo delle relazioni, dei pensieri e delle emozioni, grandi tendenze sociali e piccole storie individuali si incontrano e si scontrano. 

“L’argomento è sorprendente”, sottolinea Vegetti Finzi, “gli appartamenti e gli arredamenti cambiano a seconda della situazione della famiglia e la famiglia segue un ciclo della vita: la coppia, di solito i figli, la loro crescita, l’abbandono di casa – sempre più tardi - la nonnità. È però un ciclo che interagisce con un tempo storico che è quello dell’abitare, che segue altri ritmi”.

Schiacciata lì in mezzo, tra esigenze che sono solo nostre e tendenze che sono invece del nostro tempo, la casa è diventata oggi più piccola – per assecondare nuove forme famigliari - e un luogo di passaggio, soprattutto dopo il COVID.

È la casa del transitare, non dello stare: “io ho sempre avuto un tavolo lunghissimo per il famoso rito del pranzo domenicale. Adesso le donne non hanno più voglia di imbastire questo rituale, perché è molto faticoso. La vita di tutti i giorni è troppo frenetica rispetto a quella di una volta. Però c’è la nostalgia di quei momenti e così questi riti ricompaiono a Natale e a Pasqua, feste che conferiscono loro il carattere dell’eccezionalità”.

Il fuori sta ricentrando la geografia della casa, in diversi sensi e anche con spinte contrapposte. È il caso dei giovani: “una volta era il padre a dire ‘basta, vai!’, affronta la vita degli uomini. Adesso il padre è una voce silente o molto flebile”. Per Vegetti Finzi, “il centro della famiglia non è più lui, ma è diventato la madre, che è una presenza affettiva”.

Questo ha causato delle derive: “c’è una specie di iperprotezione che non giova ai ragazzi. La società dovrebbe promuovere l’autonomia, l’indipendenza, ma non lo fa”.

È la casa dello stare, non del transitare (verso l’età adulta). Su questo incide la situazione esteriore, gli affitti alti e il lavoro precario, e il nuovo assetto familiare la aggrava: i giovani si accucciano a casa, in cerca di un’accoglienza che là fuori è difficile trovare.  

Se, dunque, per entrare dentro le case di oggi bisogna allungare lo sguardo fuori di esse, c’è parallelamente un interno che si sta chiudendo su sé stesso, in una tendenza che Vegetti Finzi ritiene preoccupante. È la casa-galera: “l’iper coabitazione, la chiusura dello spazio, la porta chiusa, la finestra chiusa – altrimenti entra lo smog – fanno sì che la famiglia tenda a implodere”. Non è lo stringersi a sé dell’abbraccio, dell’attenzione reciproca. Al contrario: “ci sono persone che fanno un vanto dell’aver vissuto vent’anni in una casa senza conoscere nessuno. Come se fosse un valore, come se tenere le distanze, isolarsi, essere conflittuali fosse un ideale. In realtà più la porta è spalancata e le finestre aperte, verso ciò che sta di fuori, meglio è per la famiglia”.

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