Per la prima volta nella storia, grazie all’intelligenza artificiale, abbiamo a disposizione strumenti dalla capacità decisionale e d’azione autonoma. Cosa succede quando mettiamo un agente digitale di questo tipo in un contesto culturale, sociale e politico? Secondo Bruno Giussani (giornalista, autore, analista ed ex curatore globale di TED), che abbiamo incontrato alla Lugano AI Week, l’impatto a livello culturale e mediatico tocca sia il lato della produzione sia quello del consumo.
Da un lato le intelligenze artificiali generative possono aiutare giornalisti, artisti e creatori di ogni tipo a lavorare più velocemente e con meno costi. In molti stanno quindi testando queste nuove tecnologie, senza però rendersi conto di come esse siano in grado di sostituire anche varie figure professionali: che ne sarà, per esempio, degli illustratori, se un’intelligenza artificiale generativa può ottenere risultati simili ma in tempo zero e con costi estremamente ridotti?
Dall’altro lato, chi produce contenuti in questo modo lo fa spesso con l’aspettativa che, dall’altra parte, ci siano degli umani che li consumino. E invece, afferma Giussani, incontreranno presto (se già non l’hanno fatto) un collo di bottiglia: se la quantità di materiale disponibile online, prodotto da questi strumenti, può infatti crescere in modo esponenziale, lo stesso non si può dire del tempo e dell’attenzione umana. E, se l’offerta supera di gran lunga la domanda – in ambito culturale proprio come in ambito economico – si creano distorsioni. Secondo Giussani, il risultato di questa sovrabbondanza di contenuto è che cominceremo a consumarlo facendo capo, a nostra volta, ad agenti di intelligenza artificiale. Arrivando così ad avere chatbot che si interfacciano con altri chatbot, senza nessun essere umano in mezzo. Cui bono?
Lugano AI Week
Serotonina, Rete Tre 28.11.2024, 15:00
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