22 maggio: giornata della biodiversità

Difendere i custodi della biodiversità 

I popoli indigeni sono i migliori guardiani del loro ambiente. Ma in tutto il mondo subiscono il furto delle terre, violenze e politiche di conservazione inadeguate

  • 22 maggio, 11:30
  • 22 maggio, 11:57
I Masai in Tanzania devono lottare contro le misure governative volte a sfrattarli dalle loro terre ancestrali.
Di: Anna Brunati

Su un’isola dell’India, il popolo incontattato degli Shompen rischia il genocidio in nome di un immenso progetto di sviluppo del governo, che prevede di fare dell’isola “la nuova Hong Kong” indiana. Nel cuore dell’Amazzonia, il territorio della tribù dei Kawahiva è da anni in attesa del riconoscimento legale che garantirebbe a un popolo già martoriato la protezione dai taglialegna e dai ladri di terre. In Africa orientale, iniziative di turismo eco-sostenibile e piani di compensazione per le emissioni di carbonio continuano a minacciare le terre dei Masai.

I popoli indigeni in tutto il mondo subiscono razzismo, furti di terra, sviluppo forzato e violenze. Devono far fronte a povertà, violazioni dei diritti umani e ingiustizie ambientali. Ma anche se rappresentano poco più del 6% della popolazione mondiale, nei territori dei popoli originari è custodito l’80% della biodiversità del pianeta.

Raccolto biodiverso - Cucina Nostrana

RSI Cultura 14.08.2019, 08:59

Le comunità indigene hanno salvaguardato le loro terre per millenni, mantenendo intatte le foreste, rispettando la flora e la fauna selvatica, tramandando le conoscenze tradizionali di generazione in generazione. Ancora oggi, proteggono alcune delle aree più ricche di biodiversità del mondo. Quasi metà della superficie terrestre globale – esclusa l’Antartide – è posseduta, occupata o gestita da popoli indigeni e comunità locali. Territori che svolgono un ruolo chiave nell’assorbimento e nello stoccaggio del carbonio, ma che subiscono una costante erosione. In Africa, Asia e Sudamerica, molti paesi non riconoscono le terre comunitarie né tutelano i diritti consuetudinari di proprietà. E la presa delle comunità indigene sulle proprie terre si fa sempre più debole.

Esiste una sola organizzazione attiva a livello globale per la tutela delle comunità indigene e dei popoli incontattati. “Un mondo in cui i popoli indigeni sono rispettati come società contemporanee e i loro diritti umani tutelati”: è questa, da oltre mezzo secolo, la missione di Survival International, che si occupa di difendere i diritti dei popoli originari di tutto il mondo, attraverso campagne di pressione e sensibilizzazione. Dal 1969 opera in stretta collaborazione con le comunità indigene e tribali, fornendo supporto legale, politico e logistico per proteggere le loro risorse naturali, le loro tradizioni e determinare autonomamente il loro futuro.

indigeni foresta pluviale

Una delle minacce più consistenti che l’ong si prefigge di contrastare è rappresentata dalla conservazione, spesso imposta dall’Occidente ai popoli dell’Asia e dell’Africa con un’impronta colonialista o da governi e ong con il mero fine di ottenere crediti di carbonio per compensare le emissioni di CO2. Progetti che promettono di tutelare la biodiversità, promuovere il turismo ecosostenibile e istituire aree protette… Oltre le apparenze, l’impatto di queste presunte soluzioni in molti casi rischia di peggiorare la situazione. Ad esempio, in molte parti del mondo, la creazione di aree protette implica il divieto di accesso ai popoli che hanno abitato quei luoghi per generazioni. Improvvisamente, le persone vengono cacciate con la forza dalle loro terre ancestrali e viene loro impedito di sfruttare l’ambiente naturale. Si ritrovano così deprivate della propria casa e dei propri mezzi di sostentamento, spesso obbligate a trasferirsi nelle baraccopoli cittadine, all’interno di un’economia monetaria a loro ostile. Coloro che tentano di fare ritorno alle loro terre subiscono torture e abusi. Il 18 aprile scorso, Survival International ha lanciato una denuncia proprio nei confronti dell’UNESCO. In un rapporto pubblicato in occasione della Giornata mondiale dei monumenti e dei siti culturali, l’ong ha accusato l’agenzia delle Nazioni Unite di complicità nello sfratto illegale e negli abusi contro le popolazioni indigene in alcuni dei siti considerati Patrimonio dell’umanità. Un’accusa molto simile a quella che l’ong ha già rivolto da tempo anche nei confronti di altre grandi organizzazioni come il WWF, WCS e African Parks, che pur essendo a conoscenza delle atrocità commesse in alcune aree protette, continuerebbero a finanziare e sostenere la conservazione di stampo colonialista. Per preservare la biodiversità, sostiene Survival international, è imperativo riconoscere e affrontare la reale causa della crisi ambientale che stiamo vivendo, il sovra-consumo trainato proprio dal Nord del mondo. Ma è anche fondamentale comprendere che la “natura selvaggia” come viene spesso intesa nella visione occidentale, in realtà, non esiste: si tratta di ambienti influenzati dalla presenza degli esseri umani nel corso di migliaia di anni. Per questo i popoli originari sono i migliori guardiani dei propri territori.

Gli indigeni di Hidroituango

RSI/Samuel Bregolin 29.08.2019, 07:45

  • #Africa
  • #Amazzonia
  • #Masai
  • #Survival international

Ti potrebbe interessare