La furia edilizia che imperversa da ormai alcuni decenni attorno ai nostri laghi sta incidendo sulla natura non diversamente (al saldo della proporzionalità) da quanto successe a partire dalla fine del Settecento con la rivoluzione industriale, che fu all’origine di plurime fratture : dall’estensione dell’urbanizzazione alla crescita demografica, dalla distruzione della wilderness allo sviluppo delle vie di comunicazione, dall’inquinamento dell’aria e delle acque allo sfruttamento delle risorse naturali (e la conseguente distruzione della biodiversità).
Per questo motivo, Henry David Thoreau, nato il 12 luglio 1817 e morto il 6 maggio 1862, ci parla oggi in modo assordante.
Contro la trasformazione del tessuto sociale e urbano Thoreau mette in atto una delle rivoluzioni più pacifiche e radicali : fuoriuscire, lasciare le città, i luoghi dello sviluppo progressivo e mettersi in cammino nella natura selvaggia.
Il cammino che intraprende Thoreau non è dissimile da quello che praticarono gli antichi cavalieri erranti e pellegrini, sulle vie di Gerusalemme o Santiago de Compostela (percorsi che non a caso tornano oggi ad essere sempre più frequentati). È un cammino iniziatico, un modo di fuggire da un mondo che si orienta in modo contrario al principio della naturalezza e della semplicità.
La spinta di Thoreau è quella di andare a conoscere la vita segreta della natura : «volevo vivere in profondità e succhiare il midollo della vita, vivere in modo così risoluto e spartano da sbaragliare tutto quanto non fosse vita ».
Già nel medioevo la deambulatio era una via di guarigione, e più anticamente Ippocrate e Avicenna parlavano di vis medicatrix naturae. Ed è così che il giovane Thoreau il 4 luglio 1845 si mette in cammino nella foresta che circonda il piccolo lago Walden. Qui costruisce un capanno dove vive per due anni e scrive « Walden, ovvero la vita nei boschi ». I modelli di riferimento sono i poeti del lago, Coleridge e Wordsworth su tutti.
Da questa reclusione nasce in Thoreau anche una certa avversione nei confronti della società e delle sue leggi. Decide di non pagare le tasse allo stato che lo ospita e viene messo in prigione. Alla sua scarcerazione esce con un libro che diventerà memorabile « Disobbedienza civile ».
Henry David Thoreau continua ad essere letto e i suoi libri fondano, come disse Harold Bloom, una nuova religione. C'è chi la chiama naturalismo, chi trascendentalismo, chi in altri modi, ma sta di fatto che questa nuova religione incarna il totem del ritorno alla natura e all’anticiviltà.
Utopia, certo, ma che ha avuto molti seguaci : dall’esotismo di Gaugin che trova l’Eden in Polinesia, a Rimbaud che si imbarca per l’Africa nera, a Kipling che giace fra le tigri del Bengala. E che influenzò tutta la Beat Generation, Kerouac e compagni, senza accennare ad alcuni sparuti scrittori che si mettono ancora sulle vie dell’incontaminato.
Thoreau non immaginava di certo tanta fama e celebrità : riscontri che erano completamente estranei e indifferenti a chi aveva vissuto nei boschi e aveva fatto del progresso il proprio antagonista. Del resto, i suoi unici alleati erano due scarponi logori e il linguaggio senza voce della natura.