Società

Il fuoco, elemento distruttivo o rigenerativo?

L’uomo riceve il dono del fuoco da Prometeo, e questo gli consente di essere l’animale più pericoloso e distruttivo del pianeta

  • 28.03.2024, 11:08
  • 28.03.2024, 11:35
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Fuoco

Cliché 27.03.2024, 22:00

  • iStock
Di: Tommaso Soldini 

La letteratura italiana nasce con una lode alle creature, che sono tutte positive, nutritive, legate alla vita. Il fuoco è bello, giocondo, robusto e forte. Illumina la notte, cuoce le vivande, scalda. È come se Francesco d’Assisi avesse voluto gettare una secchiata d’acqua sulla dimensione più devastante e incendiaria del fuoco, preferendo invece la umile osservazione della sua utilità.

Ma resta innegabile che, quando diciamo fuoco, sono molte le immagini distruttive che il nostro cervello automaticamente elabora.

La guerra è una di queste. La guerra che mette in passerella gli ordigni, fa sfilare le armi, prima ancora della detonazione, e che è definita fredda quando si limita allo sfoggio, all’esibizione muscolare, di fronte a una folla stupefatta e inorgoglita dalla capacità di fuoco, dalla gittata, dalla potenza. Le parate militari, insomma, come focolai che alimentano l’orgoglio nazionale, generano applausi, festa, popolo. L’importante è che queste immagini, questi scatti fotografici, facciano il giro del mondo, vengano messi a fuoco dagli alleati e dai nemici, che devono sentire quel sacro timore farsi largo, ad assicurare la pace.

Quando si spara, invece, il fuoco diventa una cosa reale, l’onda distruttiva prevale, e la bellezza di cui parla Francesco d’Assisi è ricolma dell’orrore delle vite che porta via con sé, delle case distrutte, delle macerie. Perché sì, il fuoco è quel rosso che divampa, che attecchisce, che sa camaleonticamente viaggiare su altri colori a seconda della materia che attacca, ma porta quasi tutto allo stesso grigio cenere che è il colore della distruzione. Perché un ordigno che devasta un quartiere porta via con sé anche il tempo che l’essere umano ha impiegato per edificare vita comune, civiltà.

E il fuoco, a ben vedere, non è solo l’unico dei quattro elementi che sarebbe meglio non provare a tenere in mano, è soprattutto quello più mitologicamente legato all’edificazione della civiltà, perché se è vero che il leone ha il coraggio, la gazzella la velocità e la volpe la furbizia, all’uomo gli dei avevano concesso poco dalla natura. Senza un pelo capace di fargli sopportare il gelo, privo di una forza sufficiente per uccidere i predatori, di una dentatura potente, l’uomo riceve il dono del fuoco da Prometeo, e questo gli consentirà di diventare l’animale più pericoloso e distruttivo del pianeta. E non solo. Perché è ancora grazie alla tecnica e alla capacità di trasformare gli elementi che sarà in grado di costruire quelle macchine spaziali per superare, per dirla con Aristotele e Tolomeo, la sfera del fuoco, e fare un giro intorno alla luna.

Proprio gli autori che Dante Alighieri setaccia e saccheggia per dare forma alla sua cartina geografica del cosmo, come al solito animato dalla brama di mandare in fumo i cliché ; infatti quello stesso fuoco che per molti è ancora l’elemento che caratterizza l’inferno, per lui diventa soprattutto simbolo di luce artificiale, intelligenza ma anche superbia.

Perché sì, è inevitabile, il fuoco sa generare l’illusione della potenza, della superiorità, proprio come accadde a Icaro, che con quelle ali portentose e avanguardiste si era creduto più forte persino del sole, salvo poi ritrovarsi con la schiena in fiamme. Un punto luminoso nel cielo, bello per chi lo vede, terribile per chi lo vive.

Eppure Francesco d’Assisi aveva ragione, il fuoco dona più di ciò che toglie, a patto che lo si sappia controllare, rendere amico. Lui probabilmente amava pensare a quella danza stilizzata e variopinta che le fiamme sanno generare e probabilmente, se avesse potuto, avrebbe scritto che il fuoco è la televisione dei poveri, lo show del sabato sera, con le paillettes e tutto il resto. Certo è che il fuoco per secoli è stato il centro della vita familiare, il luogo caldo dove non se ne sprecava nemmeno un grado, calore, luce, fiamma che cuoce. Tant’è vero che ha prodotto figure ormai politicamente scorrette come l’angelo del focolare, colei che tiene viva la casa, ma anche dei sentimenti più temperati e contrari alle fiamme distruttive. Belle e terribili proprio come la passione, che si accende all’improvviso, trasforma gli occhi in luce fiammeggiante, sospinge i corpi l’uno verso l’altro, esattamente come due pezzi di legno che andando incontro all’amore accettano la distruzione. Perché, di nuovo, anche questo fuoco è una questione di tempo, di tutto e subito, proprio come la guerra.

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