Società

L’educazione come poesia, la poesia come educazione

L’esperienza di insegnante di Pier Paolo Pasolini tra sentimento, interiorità e responsabilità civile: un prezioso monito ai maestri di domani

  • Ieri, 17:00
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Di: Elia Bosco  

Regista, poeta, saggista, insegnante, critico letterario. Definire quale sia stata effettivamente la professione di Pier Paolo Pasolini non è semplice, perché il suo impegno intellettuale si è espresso e compiuto attraverso molteplici canali nel corso della sua vita, stroncata tragicamente nel 1975, all’età di 53 anni, vittima di un omicidio che ancora oggi è avvolto nel mistero.

La forza di artisti, poeti e intellettuali di questo calibro, però, sta proprio nella capacità di sopravvivere alla morte corporea grazie alla loro indelebile traccia, che tutti noi possiamo rendere nostra, se vi prestiamo la giusta attenzione. Il caso di Pasolini, forse, potrebbe essere il più emblematico in questo senso: la sua voce continua a parlare, soprattutto alla luce della direzione, difficilmente reversibile, che la società odierna ha intrapreso negli ultimi decenni.

E, in particolare, il monito che la sua esperienza di insegnante lascia ai futuri maestri, ai futuri professori, può assumere la funzione di una stella polare, capace di orientare le nuove generazioni verso una concezione dell’insegnamento ideale, che non si risolve nella mera trasmissione di informazioni ma, anzi, diventa una missione di vita, una lotta militante contro l’omologazione.

La vocazione pedagogica di Pasolini emerge dalla sua intera produzione artistica che è arte pedagogica. Il suo valore pedagogico è l’insegnamento alla libertà di pensiero, al coraggio di essere se stessi e al bisogno che la società ha di avere persone con menti e cuori aperti (...). Per Pasolini lo scopo dell’educazione è la creazione di una cultura autenticamente democratica. E la scuola è un’arma di difesa contro il genocidio culturale, la quale ha il fine di creare identità libere nel pieno rispetto delle norme di cittadinanza (...). La poesia è il “sommo prodotto di civiltà” dalla forte azione educativa. È compito della scuola, attraverso la parola poetica, orientare i bambini e i ragazzi in età scolare verso la costruzione di un pensiero divergente e democratico. La poesia è anche un mezzo utile alla conoscenza e alla gestione dei conflitti e delle emozioni.

Maria Laura Chiaretti, autrice del volume “Pier Paolo Pasolini. Il coraggio di essere se stessi” (2023)

Un tema del quale non si parla mai abbastanza, quando si riflette attorno a Pier Paolo Pasolini, è appunto quello dell’educazione, della pedagogia e del valore della poesia nel percorso di formazione dei futuri cittadini e delle future cittadine. Un tema che, a ben vedere, è attivo fin da sempre nell’opera e nello spirito del poeta romagnolo. Ne ha parlato recentemente Giacomo Jori, professore straordinario presso l’Istituto di Studi italiani dell’USI, in occasione di una conferenza presso la Società Dante Alighieri di Locarno, e ne ha ricordato il ruolo di pedagogista nel corso di una puntata di Alphaville su Rete Due.

Per Pasolini, infatti, uno degli strumenti pedagogici per eccellenza fu la poesia:

La poesia è per definizione un’istituzione educativa e di formazione. Pasolini scrisse fin da giovanissimo dei saggi su come avvicinare i ragazzi al verso poetico. Egli ripeteva inoltre spesso di come durante gli anni scolastici avesse letto Rimbaud, il quale lo aveva reso antifascista, fu dunque la poesia a educarlo politicamente.

Giacomo Jori ai microfoni di Alphaville

In primis figlio di un’insegnante e di un militare di fanteria, due figure professionali largamente coinvolte nella formazione dell’individuo e della collettività, Pasolini si trova, sin da giovane, negli anni della crisi morale e bellica, investito del ruolo di maestro. Come ben sottolinea Maria Serena Masciullo nell’articolo Pasolini, dolce pedagogo (Treccani), il poeta, «pur avendo dedicato solo alcuni anni all’insegnamento, dimostrò per tutta la vita l’attaccamento a questa funzione civile, esprimendola sotto diverse forme: articoli, poesie, film, romanzi».

L’intera produzione pasoliniana - continua Masciullo - «è pervasa da un intento pedagogico e didascalico, in quanto l’uomo dal multiforme ingegno qual era Pasolini interpretò in chiave educativa il suo intero percorso professionale permeandolo con la passione». Questo atteggiamento maturò nella diretta esperienza di insegnante a Versuta, a Valvasone (sezione staccata delle scuole medie di Pordenone) e infine, nel 1950, nella scuola media “Francesco Petrarca” di Ciampino, alle porte di Roma.

Non credo di essermi mai comportato con tanta dedizione come con quei fanciulli, che del resto mi erano assai grati per questo; li introdussi ad una specie di gergo, di clan, fatto di rivelazioni poetiche e di suggerimenti morali – forse un po’ troppo spregiudicati: finii col divertirmi sommamente perfino durante le lezioni di grammatica. Non parlo poi del reciproco entusiasmo alle letture di poesia; mi arrischiai a insegnare loro, e le capirono benissimo, liriche di Ungaretti, di Montale, di Betocchi…

Pier Paolo Pasolini a proposito della sua esperienza di insegnante delle scuole medie

Per conciliare la curiosità con il gioco, nel suo Poesia nella scuola, Pasolini suggeriva di cominciare con i poeti viventi, con coloro «che usano una lingua viva non solo come lessico ma proprio come concezione dell’uso espressivo e come scelta dei sentimenti da esprimersi». Era necessario fargli toccare con mano il laboratorio poetico, appassionarli all’operazione poetica per condurli all’invenzione, suscitare la loro passione e farli partecipare attivamente. La poesia doveva essere «il più alto mezzo di comunicazione in una società e come il più certo modo di chiarificazione».

La poesia, in questo senso, diventa un vero e proprio strumento civile e civico, uno dei canali più nobili per educare sentimentalmente e civicamente le future generazioni:

La libertà è uno dei valori della poesia, oltre che uno dei valori nei quali Pasolini credeva fermamente. A tale riguardo è importante ricordare un dato storico: Pasolini aveva vent’anni alla fine della Seconda Guerra mondiale, e ha dovuto porsi il problema di come ricostruire un Paese distrutto dalla guerra e dal fascismo. Giunse alla conclusione che per ricostruire l’Italia bisognava partire dall’educazione: nel 1942 scrisse «educare: questo sarà forse il più alto ed umile compito affidato alla nostra generazione». La sua generazione ha dunque creduto nel valore delle lettere, considerandole un mezzo per compiere quel processo educativo che era sentito come un dovere generazionale.

Giacomo Jori ai microfoni di Alphaville

Pasolini stesso si rese conto che l’approccio alla poesia nelle scuole dell’obbligo fosse infedele rispetto alla funzione che essa idealmente dovrebbe ricoprire nel percorso formativo dell’individuo. Sempre ne La poesia nella scuola, Pasolini denuncia espressamente questa problematica, fornendo anche delle soluzioni, un approccio diverso, meno materialistico e utilitario, quando si tratta di affrontare la poesia nelle aule scolastiche:

La poesia nella scuola ha una funzione ben chiara e precisa, anche se generalmente la si giudica con molta approssimazione attribuendole dati meramente culturali o sentimentali. A noi sembra che almeno nelle medie inferiori lo studio della poesia non viva che ai margini della cultura, documento ante litteram, strumento senza applicabilità, testimonianza che non trova riscontro nei fatti, se fornito senza i suoi presupposti estetici, senza le sue impostazioni filologiche e prospettato molto vagamente nello spazio storico o ambientale.

Pier Paolo Pasolini, La poesia nella scuola

09:25

Pasolini educatore e poeta

Alphaville 27.02.2025, 11:05

  • Keystone
  • Mattia Pelli

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