Stefano Mancuso, è uno dei massimi esperti nel campo dell’intelligenza vegetale. Insegna Arboricoltura e Etologia vegetale all’Università di Firenze ed è direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale.
Per i tipi di Einaudi ha da poco pubblicato il suo ultimo romanzo intitolato La versione degli alberi, che rappresenta la continuazione narrativa del suo precedente libro, “La tribù degli alberi”. La missione di Mancuso è quella di far conoscere l’intelligenza delle piante, affinché gli uomini ne possano far tesoro.
Io vorrei che il maggior numero di persone sapesse che le piante manifestano una forma di vita molto diversa rispetto a quella animale. Ma questo non vuol dire che sono inferiori, meno sofisticate, meno in grado di risolvere i problemi. Io racconto questo attraverso un romanzo abbastanza fantastico, ma lo faccio anche con un intento educativo perché le piante hanno davvero delle capacità e delle caratteristiche che io vorrei tanto che anche noi uomini iniziassimo a imitare. (Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale)
La lezione degli alberi è davvero sorprendente e tocca punti urgenti per l’essere umano. Due sono gli aspetti principali: la “salvaguardia” dell’ambiente e il senso di “cooperazione”, due valori che le piante ritengono inderogabili.
Faccio due esempi che a me stanno a cuore. Le piante non rovinerebbero mai l’ambiente dal quale deriva la propria sopravvivenza, cosa che invece noi uomini facciamo allegramente. E l’altra cosa che a me preme molto, che viene fuori dal romanzo e che è una delle caratteristiche degli alberi, è il senso della comunità, del vivere insieme, un senso straordinariamente più forte di qualunque cosa che noi uomini abbiamo mai inventato. Le piante sono davvero in questa maniera, cioè formano una comunità straordinariamente partecipe. Si conoscono molti casi di comunità di piante che si prendono cura dei ceppi. Cioè quando noi tagliamo un albero in una foresta, quell’albero, di cui rimane soltanto la parte radicale, quindi non è più un albero, è un mezzo albero, è un ceppo, beh, quel ceppo viene tenuto in vita dalle piante vicine. Le piante hanno capito una cosa che dovremmo capire anche noi: che dalla cooperazione avvengono le migliori possibilità di sopravvivenza. (Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale)
Nel romanzo gli alberi sono i protagonisti. Gli uomini appaiono solo in rare occasioni e vengono definiti “esseri dannosi”, che ancora non hanno capito le regole dell’universo, farse perché troppo giovani.
Gli uomini non appaiono in questo romanzo. Ogni tanto vengono menzionati come gli “esseri dannosi”, che ancora (probabilmente a causa della giovinezza della loro specie) non hanno capito come funziona il mondo, quali sono i limiti. E non hanno capito che tutti quanti (uomini compresi) facciamo parte di una rete naturale che ha delle leggi, ancora sconosciute alla specie umana. (Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale)
“La versione degli alberi”
Alphaville 06.12.2024, 11:30
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