Negli ultimi anni termini come complessità, reti e network hanno assunto un nuovo significato, legato a un approccio integrato e interdisciplinare alle diverse dimensioni dell’esistenza—biologica, cognitiva, sociale, ecologica—conosciuto come visione sistemica. Un approccio filosofico per comprendere la realtà in modo globale, in contrapposizione alla visione riduzionista e meccanicista dei filosofi della rivoluzione scientifica del XVII secolo, da Cartesio, a Bacone e Newton. Un metodo che non respinge la razionalità scientifica, ma sostiene che essa, da sola, non sia sufficiente a promuovere una piena crescita umana. In pratica, un orizzonte concettuale che tiene conto della fondamentale interdipendenza di tutti i fenomeni e di tutte le attività, e che considera il mondo come un processo e non come una struttura rigida: una rete di fenomeni interconnessi e non una collezione di oggetti isolati.
Perché a contare sono le relazioni: come nella fisica delle particelle, ogni cosa è legata a tutto il resto. Così come nel nostro organismo a contare sono le relazioni tra cellule, organi e così via, perché la vita è una proprietà emergente, una proprietà d’insieme, che non si ritrova nei singoli componenti né nei singoli organelli.
Il pensiero sistemico, che affonda le sue radici nella filosofia greca, è emerso già nei primi decenni del XIX come tentativo di creare una scienza delle strutture, fondata su principi organizzativi che permettono di comprendere la struttura dei sistemi viventi. Un pensiero allora riassunto nel celebre motto: “Il tutto è più della somma delle sue parti”.
Negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso questo pensiero si è poi elevato a un nuovo livello con lo sviluppo della teoria della complessità, tecnicamente conosciuta come ‘dinamica non lineare’: un nuovo linguaggio matematico e una rinnovata serie di concetti per descrivere la complessità dei sistemi viventi, i quali sono appunto sistemi non lineari.
A proporre una prima introduzione teorica unitaria alla Sistemica è stato il ponderoso Vita e Natura. Una visione sistemica, (Aboca editore 2014) del fisico Fritjof Capra, teorico dei sistemi di fama internazionale, autore di libri celebrati, come Il Tao della fisica (1982) che ha rivoluzionato il rapporto fra scienza e spiritualità, senza dimenticare il ruolo rivestito dal chimico Pierluigi Luisi, professore emerito al Politecnico di Zurigo dove ha fondato l’Istituto dei Polimeri e ideatore della Cortona week, dedicata al dialogo tra scienza e spiritualità laica.
Il pensiero sistemico, spiegano gli autori, implica uno spostamento di attenzione dagli oggetti alle relazioni, dalla materia alla forma. «Nella scienza, le cose si misurano e si pesano o almeno così ci hanno insegnato. Le relazioni, però, non possono essere pesate e misurate; hanno bisogno di essere mappate. Lo studio della materia comincia con la domanda: «di che cosa è fatta?». una domanda che conduce alla nozione di componenti fondamentali, di blocchi costituenti, alla misurazione e alla quantificazione. Lo studio delle forme chiede invece: “Qual è il modello?”. E questo conduce alle nozioni di ordine, organizzazione, relazioni; a una nuova scienza delle qualità».
La visione “frammentata” del mondo, della società e della realtà ha portato, nel bene e nel male, alla situazione attuale, e solo ora l’umanità inizia a prendere coscienza delle gravi condizioni in cui si trova. «Essa - scrive Capra - ci ha estraniati dalla natura e dagli esseri umani nostri simili. Essa ha provocato una distribuzione delle risorse naturali incredibilmente ingiusta, che crea disordine economico e politico: un’ondata di violenza, sia spontanea sia istituzionalizzata, che cresce sempre di più, e un ambiente inospitale, inquinato, nel quale la vita è diventata fisicamente e spiritualmente insalubre. La separazione operata da Cartesio e la concezione meccanicistica del mondo hanno quindi portato nello stesso tempo benefici e danni; si sono rivelate estremamente utili per lo sviluppo della fisica classica e della tecnologia, ma hanno avuto molte conseguenze nocive per la nostra civiltà».
Una sintesi della “visione sistemica della vita” di Capra si può leggere ora ne I principi sistemici della vita. Idee sulla natura e sull’ecologia umana, Aboca Edizioni, 2024. Il volume raccoglie i concetti fondamentali di vita e natura, espressi con un linguaggio evocativo e accessibile, privo di tecnicismi, e si propone come un compendio del suo pensiero, che si può riassumere sulla base di quattro “principi della vita” che ne rappresentano l’essenza vera e propria. Questi principi di organizzazione sono comuni a tutti i sistemi viventi, dai batteri ai funghi, alle piante, agli animali e all’essere umano. In sostanza, essi sono alla base di tutte le forme di vita, inclusi i sistemi sociali e gli ecosistemi.
La visione sistemica si propone dunque come un tessuto connettivo e interdisciplinare che va ad affiancare le competenze specifiche nelle singole discipline. Una nuova scienza delle qualità, che per Capra sarà cruciale per risolvere i principali problemi del nostro tempo:
«Quando guardiamo allo stato del mondo di oggi, alla nostra crisi globale su diversi livelli, ciò che è più evidente è che nessuno dei nostri principali problemi – energia, ambiente, cambiamento climatico, disuguaglianza economica, violenze e guerre – può essere compreso separatamente. Sono questioni sistemiche, sono cioè tutte interconnesse e interdipendenti. E per capirle e risolverle, dobbiamo cambiare la nostra prospettiva: non considerando più il mondo come una macchina composta da elementi singoli, ma come una rete di combinazioni inseparabili di relazioni».
E il fisico austriaco -che non a caso è anche educatore e attivista ambientale e ha fondato e dirige il Center for Ecoliterwacy a Berkeley in California- indica proprio nella ecologia la disciplina che rispecchia al meglio la visione sistemica della vita, poiché riconnette le scienze della vita con le scienze della terra e studia l’interazione degli organismi tra loro e con l’ambiente circostante. Per Capra infatti la nuova scienza ecologica – emersa dalla biologia organicista solo nel tardo Novecento, quando si sviluppò il concetto di ecosistema – non è antropocentrica ma ecocentrica, caratterizzata cioè dalla consapevolezza che tutti gli esseri viventi sono legati insieme in reti di interdipendenza.
E la capacità di pensare per sistemi interconnessi secondo il fisico austriaco sarà/è cruciale per lavorare sul tema della sostenibilità.
Pensiamo, dice, per fare un esempio molto semplice, al problema del traffico: «Se aumentiamo il numero di automobili sulle strade di una città, questo avrà un effetto su altre questioni come gli incidenti stradali, l’esposizione delle persone ad un maggiore inquinamento atmosferico, la perdita di ore di lavoro a causa dell’aumento degli ingorghi. E a loro volta questi elementi a quali altri possibili situazioni sono interconnessi? Quali possono essere i feedback? Quali nuovi elementi e cambiamenti si possono generare?»
Più in generale, oggi, per lo scienziato, scrittore di scienze e educatore e attivista ambientale, è più che mai necessario comprendere i principi dell’organizzazione che gli ecosistemi hanno sviluppato per sostenere la rete della vita. Nelle decadi a venire, ci dice Capra, la sopravvivenza dell’umanità dipenderà dalla nostra alfabetizzazione ecologica, dalla nostra abilità a comprendere i principi base dell’ecologia e del vivere in accordo con essi. Perché la vita, dai sui primordi - più di tre miliardi di anni fa, non ha portato avanti il pianeta con la lotta, il combattimento o la semplice competizione, ma attraverso l’utilizzo di connessioni.
Oltre Newton
Il giardino di Albert 14.06.2014, 18:00