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Max Lobe, la verità sulla pelle

Dall’emigrazione agli anni luganesi, le tante soglie che ha dovuto attraversare lo scrittore svizzero di origini camerunensi 

  • 26 novembre 2023, 14:47
  • 11 dicembre 2023, 15:10
02:44

Max Lobe

RSI Cultura 25.10.2023, 21:55

Di: Alessandro Chiara 

Max Lobe, la verità sulla pelle

Dall’emigrazione agli anni luganesi, le tante soglie che ha dovuto attraversare lo scrittore svizzero di origini camerunensi 

Le soglie si attraversano. O si osservano, in attesa di capire il da farsi. Quando io oltrepasso quella della regia radiofonica dello studio 5.3 di Besso, vedo dall’altra parte del vetro che la separa dalla grande sala di ripresa, un uomo accalorato, che si sbraccia in maniera quasi smodata.

Max Lobe sta leggendo – anzi sta “vivendo” - il suo testo per Vulcano, la serie di performance che Rete Due ha ideato insieme a diversi festival letterari svizzeri.

Resto un attimo interdetto ed esco. Oltrepasso ancora quella soglia e penso a lui, a Max Lobe, e mi chiedo quante soglie abbia dovuto attraversare nella sua vita.

Non fisiche, ben inteso, ma anzitutto metaforiche: l’emigrazione, l’orientamento sessuale, la lingua. Per ognuna di esse, un percorso scritto sulla propria pelle. Fatto di tante domande, qualche risposta caduta dal cielo, alcune ostinate resistenze.

Dopo una mezz’ora, Max ha finito, chiede di fare una pausa mentre io e Giona, il videomaker, allestiamo il set. In quella stessa sala di ripresa dove si sbracciava, lo costringeremo seduto su una sedia a rispondere alle nostre domande. È normale, è un’intervista e che altro dovremmo inventarci? Però dopo averlo visto così - un vulcano in azione – mi sembra quasi di fargli un torto. Un altro.

Delle soglie, dicevamo. Beh, c’è anzitutto quella linguistica. Max Lobe vive a cavallo di francofonie: quella d’origine - del Camerun – che non è quella della Romandia – dove vive – che non è quella della Francia – Paese d’elezione della lingua in cui scrive.

Sotto, il magma su cui le francofonie ribollono e dal quale attingono: il bassa, una delle lingue del Camerun: “Sono stato cresciuto da genitori che ci vietavano di parlare la nostra lingua” dice Max “consideravano che non fosse ‘civilizzato’ parlare la lingua degli indigeni, di quei selvaggi. Era la loro lingua segreta”

“Poi sono arrivato nel Canton Ticino, studiavo comunicazione, e la signora Rigotti ci chiese: come si dice gatto nella vostra lingua? Chat - risposi io. Tutti mi guardarono, pensando che il francese non fosse la mia. Fu così che cominciai a lavorare sulla matrice del mio pensiero. Oggi posso parlare bassa”.

Ci butta là una frase in bassa e mi sembra inorgoglito. Un ritorno alle origini che ti mette di fronte alla domanda filosofica per eccellenza: chi sono io?

La seconda soglia: culturale e geografica.

“Odio quando mi dicono che sono un esempio di buona integrazione. Cosa vorrebbe dire? Che mi sono lasciato fare? Si tratta per me più che altro di rispetto: arrivo in un paese nuovo, devo capire come funziona, come funzionano i suoi abitanti”.

“Devo provare a seguire le regole, a vivere insieme a loro. Ma questo non deve sottrarre nulla a ciò che sono, non lo dimentico mai. E non solo perché gli altri me lo ricordano, ma anche perché io - guardandomi ogni giorno allo specchio – vedo... vedo tutta una vita, vedo un percorso”

Un percorso mica facile, dove la soglia dell’integrazione può trasformarsi in un pericoloso inciampo, come quando in discoteca – a Lugano – lo invitarono a uscire e non rientrare, perché il suo odore non era gradito ad altri avventori del locale.

“Come riesco a continuare a vivere in questa vita? Essendo nero e rivendicando il diritto civile in quanto cittadino e contemporaneamente lottando tutti i giorni con gli amici neri che non accettano gli omosessuali. Qual è il mio posto in tutto questo?”

Questa frase precipita come un macigno nella sala di ripresa, lasciandomi muto per un attimo. Torno col pensiero alle soglie: a volte si rimane in bilico là sopra, sospesi tra non luoghi, perché un passo indietro o uno avanti sarebbero solo un insopportabile salto nel buio.

Altre volte corre in aiuto la scrittura, seconda pelle, quando la prima porta le cicatrici della battaglia per trovare il proprio posto nel mondo.  

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