Società

Messico: murales e femminismo

Le donne conquistano nuovi spazi in un’arte rimasta al maschile per quasi un secolo

  • Ieri, 08:37
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Maria Conejo di fronte al suo murale a Monterrey

  • Courtesy dell'artista
Di: Laura Daverio 

«La rappresentazione storica del corpo delle donne è stata molto limitata, la maggioranza dei corpi sono stati dipinti da uomini, sono ritratti di donne in posizioni sommesse o in veste di musa, come se non fossero padrone, autonome dei propri corpi». Lo spiega Maria Conejo (@maria_conejo), muralista e illustratrice di Città del Messico, che cerca di superare questi stereotipi, dipingendo corpi femminili per invitare il pubblico a riconsiderarne il significato.

L’artista riflette anche sulle pressioni sociali che spingono le donne a preoccuparsi continuamente di come il loro corpo venga percepito dagli altri. Conejo è parte di una nuova generazione di artiste che sta conquistando spazi a lungo dominati dagli uomini. A 36 anni, ammette di essere cresciuta con modelli di muralisti uomini, i celebri Diego Rivera (1886-1957), José Clemente Orozco (1883-1949), David Alfaro Siqueiros (1896-1974). Le donne, presenti nell’arte muralista sin dall’inizio, sono diventate una presenza importante meno di 10 anni fa, seguendo l’ondata femminista che ha attraversato il paese, diventando il più influente movimento sociale nel paese.

Nonostante le difficoltà, Maria Conejo ha scoperto che dipingere corpi femminili in spazi pubblici può avviare dialoghi inaspettati. Nel 2012, quando fu invitata nella città di Monterrey per realizzare un murale, la sua proposta di un nudo femminile fu rifiutata dalla famiglia proprietaria dello spazio, che lo trovava offensivo, preferendo un soggetto più neutrale e suggerendo di sostituirlo con una giraffa. Tuttavia, in un diverso quartiere della città, il lavoro è stato accettato e seguito con un’attenzione e un interesse molto diverso. «Sento che le persone intorno erano contente di quello che stava accadendo, come se fossero curiose di capire perché quelle immagini provocavano una sensazione di sorpresa. Guardare il corpo di una donna in modo diverso ha portato l’inizio di nuove conversazioni».

Il muralismo messicano emerse ufficialmente nel 1921 come movimento che mirava a portare l’arte negli spazi pubblici, utilizzandola come mezzo educativo per celebrare la lotta rivoluzionaria e promuovere un’identità nazionale. I suoi principali rappresentanti, tra cui Diego Rivera, David Alfaro Siqueiros e José Clemente Orozco, crearono opere imponenti che raccontavano la realtà del popolo messicano, approfondendo temi come la storia preispanica, le tradizioni indigene, la lotta di classe e gli ideali di giustizia e libertà.

Fortemente ispirato dalla Rivoluzione Messicana, il muralismo raffigurò gli eventi rivoluzionari e i loro protagonisti come simboli di cambiamento e rinnovamento sociale. Con uno stile intenso e realistico, i murales rappresentarono sia la violenza che la speranza di una nazione in evoluzione, affrontando al contempo questioni sociali e culturali.

Nelle loro opere non mancava la rappresentazione delle donne, quello che però è mancato sono state le artiste donne, che hanno lottato contro porte chiuse proprio da quegli stessi stessi artisti, impegnati a dare una voce alle classi più emarginate, senza riuscire a superare la propria misoginia. Eppure le donne c’erano e, se i loro nomi non hanno raggiunto la fama degli uomini contemporanei, le loro opere rimangono a testimoniarne il talento. Nel quartiere Doctores famoso proprio per i murales a Città del Messico, si può apprezzare “Attentato alle Maestre Rurali” che raffigura una maestra rurale attaccata dai nemici della patria. L’autrice è Aurora Reyes (1908-1985), riconosciuta come prima muralista donna in Messico. Nel nord del paese, la città di Saltillo conserva l’opera maestra di Helena Huerta (1908-1997), che occupa una superficie di 450 metri quadrati, la più grande mai realizzata da una donna in Messico. Huerta cominciò l’opera all’età di 65 anni, essendo riuscita solo in età avanzata ad affermarsi nel mondo dei murales che l’hanno resa famosa, nonostante ne abbia realizzati solo 3.  

Ma fu Maria Izquierdo (1902-1955) la protagonista del più clamoroso caso di discriminazione in un mondo controllato dagli uomini. Nel 1945 le fu commissionato un murale nel palazzo del municipio della Città del Messico, un riconoscimento straordinario vista l’importanza del luogo. Sarebbe stata la prima donna a compiere un’opera così prestigiosa. Maria Izquierdo aveva per altro ampiamente dimostrato di avere le carte in regola: l’artista era già nota a livello internazionale, avendo esposto nelle sedi più prestigiose, da New York a Parigi. 

Gli studi presentati dall’artista per il lavoro commissionato presentavano una maggioranza di figure femminili, rappresentative di una realtà in cui le donne diventavano artefici del progresso, parte attiva della contemporaneità politica, sociale e culturale. Ma furono proprio gli uomini a bloccarla, i grandi maestri Diego Rivera, Orozco e Siquieiros si opposero dicendo che non ne era all’altezza. Proprio loro che ne avevano lodato i successi in passato, non accettarono che una donna aspirasse al loro stesso ruolo nella storia. Izquierdo non rimase in silenzio, denunciando la sua esclusione attraverso i media. Nota rimane la sua frase: «In Messico è un delitto essere donna ed avere talento». 

Nel 2021 la curatrice Dea Lopez, insieme all’artista Cassandra Sumano, allora due giovani studentesse d’arte, appresero durante una conferenza dell’ingiustizia subita da Maria Izquierdo e di quell’opera che non si era mai concretizzata. Decisero di organizzare la creazione di un murale collettivo ispirato ai progetti dell’artista. Riuscirono ad unire 130 artiste per dipingere l’opera “Il murale che avrebbe dovuto esistere”, che fu completato nella città di Oaxaca, nel sud del paese. 

Oggi il muralismo in Messico celebra molte artiste donne, nonostante sia ancora difficile rivendicare gli stessi spazi che ottengono gli uomini. Tra le artiste contemporanee più riconosciute c’è Paola Delfin (@paola_delfin), autrice di enormi murali in bianco e nero, rappresentante della corrente post-graffiti (arte urbana che utililzza una varietà di tecniche come poster, murali, graffiti ecc.) Pilar Cárdenas “Fusca” (@fusca667), invece, propone un’arte più intima incorporando elementi di psicoanalisi, che ha studiato ottenendo un master. 

Ma conquistare luoghi pubblici non è solo una rivendicazione artistica, simboleggia l’importanza di essere parte integrante degli spazi esterni, quelli dove la donna è spesso vulnerabile. Vuol dire lasciare un messaggio di ribellione e resistenza in città che non sono sicure, città in cui non solo camminare di notte, ma anche di giorno è pericoloso. E’ una testimonianza che modifica e diventa parte della nuova identità del luogo, che coinvolge chi cammina accanto a questi muri ogni giorno e chi forse ci passerà una sola volta.  

05:25

19.06.19 Messico: la cultura dei murales

La corrispondenza 19.06.2019, 09:05

55:58

Muri dipinti: quando l’arte di strada diventa una strada di successo per creare arte

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