Potrebbe quasi far sorridere, a un primo sguardo, l’episodio capitato sul Lago di Como, dopo l’avvento di diversi travel influencer, ma soprattutto dei famigerati Ferragnez. Come ha riportato La Stampa, una guida turistica si è trovata davanti a una serie di vacanzieri convinti di essere in un luogo dal nome #lakecomo (sì anche con l’hashtag) e che tutte le attrazioni che avevano visto sui social fossero in unico posto. E invece no, da Bellagio a Cernobbio ci vuole più di un’ora, per visitare tutte le ville comasche bisogna ipotecare un bel po’ di tempo e un giro (quasi) completo richiede quasi 200 km di percorso… Insomma, una vacanza nel comasco è più complicata di come compare sulle stories di Instagram.
Eppure è successo davvero. E, lamentano sulle sponde del Lario, l’arrivo di Fedez e Chiara Ferragni ha di fatto riversato una folla di turisti in cerca di selfie e panorami da “inquadrare” subito sui social. Un turismo svuotato del suo senso partecipativo e culturale nel senso letterale del termine. Un turismo non solo non sostenibile, ma anche poco funzionale per le località stesse.
Altro giro, altra travel influencer. Lexi Jordan, tiktoker americana, si lamenta della Costiera Amalfitana. Bella sì, ma troppo troppo scomoda e “non sembrava così dalle foto e dai video che aveva visto sui social”. Lexi esplode sui suoi canali arrivando a dire che “chi mostra e consiglia questi posti senza dare avvertenze meriterebbe la prigione”. Il video diventa virale con tanto di risposte poco gentili di migliaia di campani (e italiani in generale) e sonori “allora stattene a casa tua”.
Venezia per salvaguardare città e cittadini ha optato per il turismo a numero chiuso, in Alto Adige si pensa a posti letto per turisti limitato, Bali ha lanciato una campagna di multe salatissime contro i turisti che postano sui social foto in costume (o nudi) dai templi sacri dell’isola, Palau fa sottoscrivere un impegno al rispetto all’ambiente a tutti coloro che si recano sul posto, Londra e Barcellona pensano a leggi per limitare i pernottamenti…
Il turismo di massa, a cui i social network hanno contribuito non poco, è meno redditizio dei problemi che poi comporta? A giudicare dalle discussioni oggi sorte in seno a istituzioni e enti turistici, parrebbe proprio di sì.
Questo perché i vacanzieri, abituati a voli low cost, a nuove forme di pernottamento più a portata di mano, a consultare online e sui social mete e attrazioni, sembrano tralasciare sempre di più quello che dovrebbe essere lo scopo ultimo del viaggio: la conoscenza di un luogo, della sua anima, dei suoi popoli e delle sue tradizioni. Quello di oggi è un turismo da 15 secondi, tempo di una storia e via verso la prossima attrazione pubblicata su altri centomila account. È l’emulazione, la ripetizione e la pubblicazione compulsiva di video e foto, giusto per dire “ci sono stato anche io”.
In tutto ciò i cosiddetti travel influencer hanno giocato e ancora giocano un ruolo fondamentale. Profili seguiti da centinaia di migliaia (se non milioni) di persone che ogni giorno postano, raccontano, mostrano il meglio del meglio dei posti in cui viaggiano e che con modelli comunicativi veloci ed efficaci riescono sicuramente a catturare l’attenzione (e il bisogno di emulazione) dei propri follower. Un fenomeno che è servito non poco alla promozione del turismo, anche in tempi difficili come quelli post Covid, ridando respiro a località e operatori.
Anche la Svizzera e il Ticino se ne sono serviti per raccontarsi con lo Switzerland Tourism Influencer Summit. 27 influencer provenienti da 12 Nazioni hanno potuto esplorare il Canton Ticino per poi mostrarlo sui propri canali, grazie a un accordo con My Switzerland e Ticino Turismo. Un esperimento che sembra aver dato i suoi frutti con oltre 700mila interazioni ottenute con quasi 200 contenuti postati dagli influencer.
Ma se, invece, volessimo parlare di un tentativo andato decisamente male, basta ricordarsi della recente campagna promossa dal Ministero italiano del turismo con la Venere di Botticelli trasformata in una sedicente travel blogger, alla scoperta delle bellezze del Bel Paese.
Qui, però, è importante soffermarci un secondo. Demonizzare questo tipo di contenuti social sarebbe sbagliato e fin troppo semplice, forse. Il punto, in realtà, è riuscire a comprendere come (imparare a) essere critici rispetto a ciò che si vede online per andare oltre la luccicante vetrina del viaggio copertina di un influencer, che di per sè fa solo il suo lavoro. Insomma, sta alla “massa” (quella turistica) riuscire a rendere il sano desiderio di viaggiare un qualcosa di personale e non copiato e “patinato”.
La domanda legittima e spontanea che sorge è se sia sensato o meno cercare di bloccare la voglia delle persone di partire e scoprire il mondo. Arte, storia, storie e paesaggi rischiano di diventare mete d’élite a cui diventerà sempre più difficile accedere? La conoscenza e lo scambio insiti nel viaggiare saranno per pochi nel prossimo futuro?
Difficile rispondere a tutto tondo. La questione ambientale incombe e non poco in questo senso, ma l’accresciuta consapevolezza che caratterizza questi tempi, non sembra aver bloccato per nulla il fenomeno dell’over tourism che porta anche enormi problemi proprio da questo punto di vista (emissioni, littering, perdita degli habitat naturali...). Probabilmente, i numeri a cui siamo confrontati oggi sono anche conseguenza dei lockdown da Covid di cui scrivevamo poco sopra, ma la sensibilizzazione su come (ri)trasformare il turismo è oggi un tema urgente da risolvere.
Dossier: "Turismo da piattaforma" (5./5)
Alphaville 09.06.2023, 12:05
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Sostenibile è quel turismo che per definizione arricchisce (da diversi punti di vista) la vita del viaggiatore, del luogo in cui si reca e delle persone che vivono quel luogo. Con alcuni semplici accorgimenti, una vacanza può diventare sì un viaggio, ma soprattutto un’esperienza culturale. Come? Be’ le regole del viaggiatore (eco)sostenibile (elencate sulle centinaia di blog facilmente reperibili online) sono tutto sommato semplici: frequentare per i propri acquisti i mercati locali, cercare alloggi e ristoranti gestiti realmente da persone del posto, preferire la mobilità lenta (laddove possibile), affidarsi a guide turistiche locali, immergersi nella vita quotidiana della meta in cui ci si è recati... In questo modo il viaggio smette di essere una toccata e fuga tra un paesaggio e l’altro, tra un museo e l’altro, un percorso banalmente scandito solo da stories e selfie, per diventare un’immersione emozionale nella cultura (propria e intima) di un luogo e della sua anima.