Da giorni si parla della proposta del Consiglio federale di tagliare i fondi alla ricerca e all’università. Una proposta che ha già ricevuto molte critiche: una scelta nefasta, una totale assenza di lungimiranza, una visione miope in controtendenza con le sfide attuali. E bisogna dire che la reazione è forte sia qui da noi, nella Svizzera italiana, ma molto si legge anche sulla stampa della Svizzera tedesca e della Svizzera francese, perché naturalmente saranno importanti le ricadute per gli istituti universitari in generale. Nel caso specifico della Svizzera italiana, qualora fosse approvata la proposta dalle Camere, i due istituti universitari ticinesi – la SUPSI e l’USI – saranno chiamati a risparmiare diversi milioni, per cifre che si aggirano rispettivamente attorno agli 8 milioni per la Scuola Universitaria della Svizzera italiana e 6,5 milioni per l’Università della Svizzera italiana. Ne hanno parlato su Rete Due ad Alphaville Luisa Lambertini, rettrice dell’USI e Franco Gervasoni, direttore della SUPSI.
«Questa proposta di tagli va compromettere quelli che sono i mandati di formazione e di ricerca che gli istituti universitari perseguono, con un grandissimo impatto a livello dell’investimenti nell’innovazione e nel capitale umano che vengono prodotti dalle scuole universitarie. Per l’USI rappresenta una mancanza di entrate massiccia nel lungo periodo, che poi deve essere controbilanciata con misure ulteriori. Ad esempio, la richiesta di abbassare le tasse universitarie per portarle sullo stesso livello degli altri atenei svizzeri potrebbe subire delle variazioni importanti».
Luisa Lambertini, rettrice dell’USI
«Lo scorso martedì c’è stata una conferenza stampa di Swiss University che ha riunito tutti gli attori principali del mondo della formazione e della ricerca in Svizzera proprio per difendere gli interessi del nostro sistema, che sono poi gli interessi della società tutta, soprattutto guardando con un orizzonte di medio lungo periodo».
Franco Gervasoni, direttore della SUPSI
Sembra come se la Confederazione stesse facendo un passo indietro con questa proposta di tagli. Si potrebbe leggere il tutto come un atto di sfiducia verso proprio il sistema universitario della formazione e della ricerca:
«Penso che un elemento importante è che se riusciamo oggi ad affrontare determinate sfide sempre più complesse della società in Svizzera lo possiamo fare con un buon successo grazie agli investimenti che sono stati fatti nel passato nella formazione e nella ricerca. Come oggi siamo in grado di farlo sulla base degli investimenti di ieri, domani saremo in grado di farlo sulla base degli investimenti di oggi. Bisogna rendersi conto che la ricerca di base si muove su un orizzonte magari di lungo periodo, ma grande parte della ricerca risponde a delle esigenze concrete della società, quindi tagliare la ricerca significa tagliare proprio alla radice quella che può essere la nostra capacità di rispondere a queste sfide. Tagliare significa spezzare il ramo su cui siamo appoggiati come società. Dobbiamo stare molto attenti».
Franco Gervasoni, direttore della SUPSI
«È chiaro che nel breve periodo ci sono situazioni congiunturali che possono essere più o meno facili. Tuttavia, quando a fronte di situazioni congiunturali si smette di fare investimenti, l’effetto si sente nel lungo periodo. La ricerca, le strutture di ricerca, l’innovazione da cui poi nasce la ricaduta economica per l’intero territorio della Svizzera, va seriamente presa in considerazione. Purtroppo sentiremo l’effetto di questi tagli già nel medio periodo, qualora venissero attuati, in un momento in cui la Svizzera è al vertice dell’innovazione e del benessere. Questo è frutto anche della ricerca che si svolge nell’ambito delle università delle scuole universitarie».
Luisa Lambertini, rettrice dell’USI
Oltre alle conseguenze sulla sfera dell’insegnamento in quanto tale, gli effetti che tali tagli potrebbero comportare si estendono ben oltre. «Esistono conseguenze dirette» – specifica Franco Gervasoni – «perché i tagli interessano i finanziamenti di base delle università, dunque si creerebbero problemi strutturali per cui sarà sempre più difficile pianificare e svilupparsi nel prossimo futuro». Ma esistono anche degli impatti indiretti, «che aumenterebbero la competitività dei progetti di ricerca e, dunque, la diminuzione dei finanziamenti per la ricerca, e ciò comporterebbe come primo effetto la possibilità di coinvolgere un numero sempre inferiore di ricercatori e ricercatrici». Aumentare le tasse semestrali sembrerebbe essere la soluzione più semplice e diretta al fine di tutelare la qualità e la quantità della ricerca nelle università svizzere:
«Quello delle tasse è un altro elemento molto complesso. Semplicisticamente il calcolo del taglio dei contributi di base è stato fatto ipotizzando un raddoppio delle tasse per i residenti e una moltiplicazione per quattro per i non residenti. Aritmeticamente i milioni tagliati corrispondono alle tasse incassate. Questo vuol dire però ridurre la capacità di accedere agli studi di una parte degli studenti che già oggi fanno oggettivamente fatica a pagare queste queste tasse. E vuol dire quindi ancora una volta andare a minare quella che è stata una grande conquista del nostro paesaggio universitario svizzero, che è quello dell’accesso agli studi. E devo dire le scuole universitarie professionali ormai hanno quasi dato un contributo sostanziale questo aspetto. Forse un’ultima nota riguarda anche chi studia in parallelo alla professione. Noi abbiamo all’interno della SUPSI ma all’interno di tutte le scuole svizzere tante offerte di formazione per chi si riqualifica durante l’attività professionale. È chiaro che anche in questo caso ci si confronta già con molte complessità. Aggiungere anche un onere supplementare dal punto di vista delle tasse di studio costituisce davvero un rischio anche al disincentivo, e quindi ancora una volta si otterrebbe una popolazione meno qualificata, ossia meno capace di essere resiliente e di rispondere alle sfide con cui ci troveremo confrontati in futuro».
Franco Gervasoni, direttore della SUPSI
«Vorrei ricordare come l’accesso agli studi da parte di tutte le famiglie sia un motore fondamentale di mobilità economica e di successo. Misure di questo tipo, dove si chiede agli studenti e alle famiglie di contribuire in più, si inseriscono in una tendenza che io credo sia veramente sbagliata per per ragioni diverse. Aumentare le tasse semestrali all’USI non è possibile, perché siamo per ragioni storiche e per il nostro modello finanziario già piuttosto alti. Questa non penso che sia veramente una strada percorribile da parte nostra. Ricordo inoltre che la richiesta di quadruplicare le tasse per gli studenti non residenti si trova al momento completamente all’opposto rispetto alla richiesta di ridurle per portarle a livello delle tasse degli studenti svizzeri».
Luisa Lambertini, rettrice dell’USI
C’è anche un altro elemento da aggiungere, ossia la richiesta da parte di Berna di una possibile riduzione delle tasse universitarie per gli studenti europei, prevista dal nuovo pacchetto di accordi bilaterali con l’Unione europea: «La richiesta è inserita in un pacchetto di misure diciamo molto più articolato e complesso e quindi se dovesse entrare in vigore il pacchetto sugli accordi bilaterali, noi avremmo comunque il grande beneficio dell’accesso a totale ai progetti di ricerca europei, che sono fondamentali per la Svizzera. Quindi di fatto il tema delle tasse è importante, ma non può essere messo a confronto con l’altro tema che fa parte dello stesso pacchetto e che ci interessa molto di più. L’impatto chiaramente sarebbe molto significativo soprattutto per le scuole universitarie che hanno tanti studenti provenienti dall’Unione Europea e hanno anche una differenza come è oggi il caso in Ticino», commenta Franco Gervasoni.
Luisa Lambertini resta fiduciosa, perché «le università sono molto allineate nel mettere sul piatto e allertare cosa significhino queste misure ed è importante che si continui in questo modo. Alcune misure impatteranno certe università o scuole universitarie più delle altre e qui dobbiamo evitare di cadere nella trappola di non mostrarci sempre come un fronte unito, perché alla fine dei conti siamo veramente tutti allineati nel fatto che questi tagli e queste richieste alla fine dei conti siano nocive al nostro stesso benessere e alla società intera».
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A rischio la qualità di formazione e ricerca
Alphaville 13.02.2025, 12:35
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