Ero una bambina piuttosto solitaria e trascorrevo gran parte del tempo nei boschi, osservavo gli uccelli, gli insetti, i fiori e imparavo". Così diceva di sé Rachel Carson (1907-1964), ricordando la sua infanzia nei primi anni del Novecento, un’infanzia che custodiva in sé i segni di un futuro da ambientalista.
Il nome di Rachel Carson è infatti legato indelebilmente al libro “Primavera silenziosa”, pietra miliare dell'ambientalismo, libro che ha saputo cambiare il corso della storia, prevedendo gli effetti devastanti dell'uso degli insetticidi chimici, di sostanze inquinanti, cancerogene o letali, sull'uomo e sulla natura.
Silent Spring: con questo titolo evocativo la Carson attirò l’attenzione dell’opinione pubblica americana sul fatto che nelle campagne era sceso il silenzio. Un silenzio innaturale, causato dalla scomparsa di lucciole, farfalle, api, rospi, cicale e uccelli.
Punto di partenza della Carson fu l’indagine scrupolosa sull’impiego del DDT per contrastare il diffondersi della grafiosi dell’olmo, malattia che si propagava a causa dei coleotteri. Questo pesticida veniva spruzzato sugli alberi, uccidendo gli insetti. Ma l’azione letale del DDT non si fermava qui. Con la caduta delle foglie, in autunno il DDT veniva ingerito dai vermi che si fecero portatori del veleno. In primavera, i pettirossi e molti altri uccelli, cibandosi di quei vermi, rimasero sterili o morirono – consegnando la stagione ad un tetro silenzio. Partendo da questa scoperta, la Carson arrivò a verificare che quelle stesse foglie, cadendo anche nei fiumi e nei laghi, diffondevano il contagio anche alle specie acquatiche. A rischio c’era l’intera catena biologica.
Dopo la pubblicazione dell'opera nel 1962, il DDT fu vietato e fu presa una serie di provvedimenti legislativi in materia di tutela ambientale. Sembra che siamo stati travolti da una follia monomaniaca di distruggere, di uccidere, di sradicare dal nostro ambiente qualsiasi cosa che non ci piace, affermava la Carson nel suo libro.
Il libro raccolse il plauso dell’opinione pubblica e attirò l’attenzione della politica. Ma ebbe anche dei ferventi oppositori: l'industria chimica, finita sul banco degli imputati, si scagliò contro la scrittrice-scienziata, architettando una campagna mediatica denigratoria contro questa "zitella senza figli" (con queste parole si espresse la lobby chimica). La campagna fu feroce e pervasiva (si spesero ben 250mila dollari solo per smontare le tesi della Carson) e suscitò un dibattito senza precedenti. L’opinione pubblica si schierò con la Carson, e la politica non poté esimersi dal prendere in mano la situazione.
Nelle settimane successive alla pubblicazione del libro il presidente degli Stati Uniti J. F. Kennedy nominò una commissione ad hoc per verificare la veridicità di quanto scritto dalla Carson. Il rapporto finale apparve il 15 maggio del 1963: era un atto d'accusa contro l'indifferenza burocratica e corporativa, nonché una conferma dell'allarme lanciato dalla scienziata sui rischi dei pesticidi. La relazione stabilì inoltre, in maniera inequivocabile, che era necessario iniziare a usare metodi biologici alternativi.
La battaglia di Rachel Carson non si fermò qui. Grazie all'attenzione che riuscì a conquistare, divenne portavoce della proposta di istituire un'agenzia super partes volta alla tutela dell'ambiente e libera da ogni controllo politico.
Ma la vittoria più grande fu quella di imprimere una svolta alla coscienza ambientale. Tutto ciò che venne dopo lo si deve in gran parte al suo libro: dal nuovo attivismo dei movimenti, alla necessità di una attenzione continua da parte della politica nei confronti dei problemi ambientali. Tanto che Al Gore, quando era vicepresidente degli Stati Uniti durante la presidenza Clinton, scrisse: «Carson divenne la prova innegabile di quanto il potere di un'idea potesse essere di gran lunga più forte del potere dei politici».