Società

Scandalo Pegasus 

La storia di come un “semplice” software ha portato d’attualità la sorveglianza di Stato e la crisi dei diritti civili

  • Ieri, 08:07
Pegasus Project
Di: Emanuela Musto

Nel 2021 il mondo è stato scosso da uno dei più gravi scandali di sorveglianza mai emersi: “Il Pegasus Project”. Questo caso ha portato alla luce l’uso illecito di uno dei software di sorveglianza più potenti al mondo, sollevando preoccupazioni globali riguardo alla privacy, alla sicurezza e ai diritti civili.

Pegasus è un software di spionaggio sviluppato dalla NSO Group, una società israeliana specializzata in cyber-intelligence. Con lo scopo ufficiale di combattere la criminalità e il terrorismo, lo spyware è stato progettato per infiltrarsi nei dispositivi mobili come IOS e Android, permettendo a chi lo utilizza di accedere a messaggi, e-mail, contatti, foto, registrazioni e persino di attivare la fotocamera e il microfono del dispositivo a insaputa del proprietario.

Lo scandalo è esploso quando un consorzio di 80 giornalisti di 17 mezzi d’informazione di 10 paesi coordinati dal gruppo Forbidden Stories (un organizzazione internazionale di giornalisti investigativi con sede a Parigi) ha rivelato che Pegasus era stato utilizzato da governi e altre entità per spiare giornalisti, attivisti dei diritti umani, politici e persino leader mondiali. La lista di persone prese di mira includeva oltre 50’000 numeri di telefono di oltre 50 paesi, sollevando sospetti sull’uso del software per scopi ben oltre il suo dichiarato obiettivo di combattere il terrorismo e la criminalità organizzata. Amnesty International ha fornito assistenza tecnica analizzando i telefoni cellulari di chi era sotto sorveglianza per identificare le eventuali tracce dello spyware.

Progetto Pegasus: una spia nel telefono

Vita! 26.07.2024, 21:05

“Il Pegasus Project rivela come lo spyware della NSO Group sia un’arma a disposizione dei governi repressivi che vogliono ridurre al silenzio i giornalisti, attaccare gli attivisti e stroncare il dissenso, mettendo a rischio innumerevoli vite umane”, ha dichiarato Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International, che continua “le attività di NSO Group evidenziano la complessiva mancanza di regolamentazione grazie alla quale si è creato un far west di violazioni dei diritti umani contro attivisti e giornalisti. Fino a quando le aziende del settore non riusciranno a dimostrare che rispettano i diritti umani, occorre un’immediata moratoria sull’esportazione, sulla vendita, sul trasferimento e sull’uso di tecnologia di sorveglianza”. Di fatto, Pegasus è stato utilizzato per facilitare le violazioni dei diritti umani a livello globale e su scala massiccia. Il caso di spionaggio più importante dopo le rivelazioni di Snowden.

Le scoperte su Pegasus hanno scatenato reazioni immediate a livello internazionale. Diversi governi sono stati accusati di aver abusato del software per reprimere il dissenso interno e per monitorare le attività dei loro avversari politici. In molti casi, le vittime non avevano alcuna connessione con attività criminali o terroristiche, ma erano semplicemente voci critiche nei confronti dei rispettivi governi.

In India, ad esempio, le indagini forensi del Security Lab di Amnesty International hanno confermato che Siddharth Varadarajan, redattore fondatore di The Wire, e Anand Mangnale, redattore per l’Asia meridionale presso The Organized Crime and Corruption Report Project (OCCRP), erano tra i giornalisti recentemente presi di mira da Pegasus sui loro iPhone. Questo ha portato ad un acceso dibattito parlamentare, con l’opposizione che ha accusato il governo di spionaggio illegale.

Scandalo Pegasus: lo spionaggio in epoca digitale

Diderot 29.07.2021, 17:10

  • ©Keystone

Non solo giornalisti, ma anche civili. È il caso di Hanan Elatr, moglie del giornalista e scrittore Jamal Khashoggi, ucciso all’interno del consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul. Khashoggi era stato molto duro nei confronti del principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammad bin Salman, e del re del paese, Salman dell’Arabia Saudita. Secondo le indagini del Washington Post, l’agenzia governativa degli Emirati Arabi Uniti avrebbe posizionato lo spyware di livello militare su un telefono utilizzato da qualcuno nella cerchia ristretta di Khashoggi, moglie compresa, nei mesi precedenti il ​​suo omicidio.
Ulteriori preoccupazioni sono emerse in vari paesi, dopo la scoperta che tra le utenze telefoniche controllate dallo spyware risultavano capi di stato e di governo e di centinaia di altri funzionari. Tra i nomi diffusi dal Washington Post, partner del Pegasus Project, figurano re Mohammed VI (Marocco), Emmanuel Macron (Francia), Barham Saih (Iraq), Cyril Ramaphosa (Sudafrica) Mostafa Madbouly (Egitto), Imran Khan (Pakistan), Saad-Eddine El Ohtmani (Marocco), Saad Hariri (Libano), Ruhakana Rugunda (Uganda) e Charles Michel (Belgio). La lista contiene anche le utenze telefoniche di oltre 600 funzionari di governo ed esponenti politici di 34 stati. Amnesty International non è stata in grado di condurre analisi tecniche sui telefoni dei leader i cui nomi sono contenuti nell’elenco per verificare se lo spyware fosse stato effettivamente installato. La NSO Group ha negato che Macron e re Mohammed VI siano finiti nelle liste di acquirenti del suo spyware. Tuttavia, le indagini hanno sollevato seri dubbi su quanto strettamente questi criteri siano stati seguiti e se ci siano stati controlli adeguati sull’uso del software.

Alcuni governi coinvolti hanno negato categoricamente ogni accusa, mentre altri hanno avviato indagini interne. Negli Stati Uniti, la NSO Group è stata inserita nella lista nera del Dipartimento del Commercio, un atto che ne limita fortemente le attività commerciali e l’accesso al mercato americano. Apple ha intentato una causa contro NSO Group, ritenendola responsabile della sorveglianza e del targeting degli utenti Apple.

Lo scandalo Pegasus rappresenta una grave minaccia ai diritti civili e alla privacy globale. L’idea che governi possano monitorare le attività personali di individui innocenti attraverso i loro smartphone ha innescato un allarme sulla necessità di proteggere i dati personali e la libertà di espressione. Le organizzazioni per i diritti umani hanno richiesto una moratoria sull’uso del software Pegasus e di altri strumenti simili, fino a quando non saranno stabilite normative internazionali chiare per regolarne l’uso. Il Pegasus Project ha esposto le vulnerabilità intrinseche nel mondo digitale moderno, evidenziando come la tecnologia, se non adeguatamente regolamentata, possa essere utilizzata per minare i diritti fondamentali. Mentre le indagini continuano, è chiaro che è necessaria una risposta globale per garantire che la sorveglianza di stato non diventi uno strumento di repressione e controllo ingiustificato.

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