Società

Turismo oscuro

Visitare luoghi legati alla morte è una tendenza sempre più in voga - Un tema che solleva riflessioni etiche, morali ed esistenziali

  • Ieri, 11:49
abandoned-amusement-park-chernobyl.jpg
Di: Red. 

Campi di battaglia, prigioni, cimiteri, edifici abbandonati, luoghi contaminati... ecco alcune delle mete preferite dei fruitori del cosiddetto dark tourism, ovvero il viaggio verso luoghi legati a tragedie, a disastri naturali e, più in generale, alla morte. Certamente, non serve dirlo, un tipo di turismo diametralmente opposto alla nostra idea tradizionale, che prevede svago, leggerezza, divertimento. Eppure è un fenomeno che continua ad aumentare e di cui se ne parla sempre di più.

La questione del dark tourism, d’altra parte, solleva riflessioni di natura etico-morale che prendono le mosse proprio dall’aumento delle persone che ne fanno esperienza: più persone significa più servizi sul luogo, come alloggi, ristoranti, bar. Si può davvero pensare di consumare un piatto caldo, un caffè o una nottata in un luogo che in passato fu, per esempio, un campo di sterminio?

Philip Stone, direttore dell’Institute for Dark Tourism Research dell’University of Central Lancashire, è uno dei maggiori esperti del tema. L’istituto nasce proprio come nuovo campo di ricerca creato da accademici con il fine di comprendere meglio i luoghi legati alla morte che attraggono sempre più visitatori. La cosa interessante, sottolinea Stone, è che questo tipo di “turismo”, collegato alla morte e alla sofferenza, non è cosa nuova. Si pensi, ad esempio, ai combattimenti tra gladiatori oppure alle esecuzioni capitali pubbliche. La tendenza dell’essere umano ad avvicinarsi, quasi religiosamente, alla morte è dunque un fenomeno senza tempo, che comunque è mutato nel corso dei secoli, assumendo forme diverse: oggi, ad esempio, il fenomeno è veicolato più che mai, com’è pvvio, da media e da ricerche universitarie, che ne permettono una diffusione e un interesse mai registrati prima. Tuttavia, secondo Philip Stone non bisogna sentirsi in colpa per un eventuale interesse verso i luoghi di morte:

«Quando si considera il dark tourism, si insiste spesso sull’aggettivo “dark”, presentandolo come qualcosa di oscuro, sinistro, tenebroso, deviante. In realtà non dovremmo sentirci colpevoli nell’andare a vedere luoghi di morte. Non c’è niente di sbagliato nel voler imparare dai momenti più tragici della nostra storia. La vera questione è: quale messaggio riceviamo quando visitiamo questi luoghi? Ci sono forme meno tragiche, più sfumate di dark tourism, insomma un turismo grigio piuttosto che nero. C’è il turismo nei cimiteri, che si pratica in tutto il mondo per varie ragioni. Curiosità per la storia locale o la visita a tombe di personaggi famosi come Elvis Presley a Graceland. Sono luoghi affascinanti e interessanti. A volte il dark tourism sembra ricordarci il potere dei morti e la loro influenza nella nostra vita quotidiana. Noi viviamo nel dominio dei morti e tutto li ricorda: le architetture, i nomi delle vie, l’arte e la letteratura. Oggi il dark tourism ci fa riflettere su questo aspetto. I morti ci circondano e noi ci colleghiamo a loro attraverso il turismo. E quando ricordiamo i morti, in qualche modo ricordiamo noi stessi» (Philip Stone)

Il “turismo oscuro”, dunque, offre la possibilità di mettersi in discussione e di imparare dagli avvenimenti più terribili capitati nel corso dei secoli. Di fondamentale importanza è il modo in cui avviene la narrazione, il rispetto e la riverenza che il visitatore o chi lo guida dimostrano nei confronti di luoghi così pregni di sofferenza. Ciò permette a ciascun visitatore di intraprendere un percorso di riflessione su di sé, comprendere la propria finitezza e cosa sia importante nella vita di tutti i giorni. La corretta interpretazione dei luoghi è quindi, per Stone, la sfida cruciale per le persone che gestiscono questi spazi.

26:54

Dark Tourism

Laser 03.01.2025, 09:00

  • Imago Images

Correlati

Ti potrebbe interessare