“Dopo oltre 30 anni di politica attiva, di cui più di 25 in una funzione esecutiva, è giunto il momento di passare il testimone”. Queste sono le parole per esprimere la volontà di dimettersi dal Consiglio federale da parte di Viola Amherd, eletta nel dicembre del 2018 quale prima donna alla testa del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS), nonché Presidente della Confederazione nel 2024; un annuncio che la sessantaduenne di Briga-Glis (VS) ha espresso durante la conferenza stampa del 15 gennaio 2025 a Berna, dopo la tradizionale seduta del governo del mercoledì, a poche settimane dal completamento del suo anno presidenziale, confermando così le voci di corridoio che giravano ormai da tempo. La sua successione inizialmente ha riscosso poche candidature, facendo nascere riflessioni in merito non solo alla stessa carica politica, ma in parte anche al sistema governativo elvetico.
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Amherd lascia. E ora?
Modem 16.01.2025, 08:30
In merito al genere, il ruolo di consigliere federale per la prima volta è stato ricoperto da una donna solo nel 1984, con l’elezione della radicale zurighese Elisabeth Kopp, che diresse il Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) dal 1984 al 1989. Non fu tuttavia il primo tentativo di eleggere una donna nell’Esecutivo: prima di lei, a distanza di ben dodici anni dalla ratifica del suffragio femminile, i socialisti proposero infatti la zurighese Lilian Uchtenhagen per succedere a Willy Ritschard, ma il Parlamento a maggioranza di destra scelse invece Otto Stich. Un’esclusione che scatenò un intenso dibattito sul ruolo delle donne nelle istituzioni governative, cosicché meno di un anno più tardi, Kopp venne infine eletta, segnando una svolta a livello storico. Grazie al suo impegno per migliorare la condizione femminile, oltre a presentare in Parlamento un rapporto sulla parità di genere ottenne anche importanti risultati, ad esempio, in favore di un diritto matrimoniale più equo. Come è noto alle cronache, la sua carriera politica subì tuttavia una brusca battuta d’arresto finendo al centro di uno dei più gravi scandali della storia politica svizzera, che la portò a rassegnare le dimissioni con effetto immediato nel 1989.
- L’elezione di Elisabeth Kopp (RTS)
https://www.rts.ch/archives/1984/video/elisabeth-kopp-elue-au-gouvernement-26194338.html
Più in generale, la nascita della figura del consigliere federale risale appunto al 1848 quando, durante la prima Assemblea federale, venne eletto il primo Consiglio federale unitamente alla proclamazione di Berna quale capitale federale della Svizzera. Fu quindi approvata la Costituzione federale che ufficializzò la Svizzera in quanto Stato federale moderno, sottoponendo i Cantoni ad un governo e a un parlamento federali. Da quel momento, sono stati eletti più di cento consiglieri federali, molti dei quali di lunga data e solo pochi non rieletti. La durata del mandato e poi il ritiro, in effetti, sono legati esclusivamente a una scelta individuale.
Normalmente i consiglieri federali restano in carica per circa dieci anni, sebbene vi siano stati casi di mandati eccezionalmente lunghi, con il record assoluto risalente al XIX secolo quando Carl Schenk ricoprì il suo ruolo di consigliere per ben trentadue anni. Anche il ticinese Giuseppe Motta segnò un’epoca, facendo parte dell’Esecutivo tra le due Guerre mondiali, in carica per 28 anni.
In effetti, a differenza di altri sistemi politici, in Svizzera non esiste né un limite massimo di mandati né un meccanismo di voto di sfiducia; spetta appunto al singolo consigliere decidere quando ritirarsi, anche se in alcuni casi la decisione può essere influenzata da pressioni esterne, legate ad esempio a delle circostanze precise (come nel caso dello scandalo della consigliera Kopp) oppure provenienti dal partito del consigliere, così come dal Parlamento. Una mancata rielezione di un consigliere federale uscente, invece, è un evento estremamente raro e dal 1848 si è verificata solo quattro volte (Ulrich Ochsenbein nel 1854, Jean-Jacques Challet-Venel nel 1872, Ruth Metzler nel 2003 e Christoph Blocher nel 2007).
Nel corso della storia, non tutti gli eletti hanno poi accettato l’incarico, e altri ancora, una volta eletti, hanno scelto di rinunciare volontariamente al mandato, come accadde nel 1993 quando Francis Matthey decise di non assumere la carica per permettere l’elezione della seconda donna nella storia del Consiglio federale, Ruth Dreifuss, divenuta poi anche la prima donna a presiedere la Confederazione elvetica nel 1999.
Ruth Dreifuss, in Governo dal 1993 al 2002, è stata la prima donna eletta presidente della Confederazione, nel 1999
Eleggere il Consiglio federale è spettanza del Parlamento e, secondo l’articolo 143 della Costituzione, chiunque abbia diritto di voto può essere eletto. Durante i primi due turni di scrutinio i deputati possono votare per qualsiasi persona eleggibile, mentre dal terzo turno non sono più ammessi nuovi candidati (art. 132 cpv. 3 LParl). In generale, l’Assemblea federale elegge a scrutinio segreto e le elezioni effettive avvengono per maggioranza, ossia sono da considerarsi eletti i candidati il cui nome figura su più della metà delle schede valide (per la determinazione della maggioranza assoluta non vengono considerate le schede bianche e nulle, come impone l’art. 130 LParl). Lo scrutinio ha luogo (o è concluso e la persona interessata resta eleggibile) anche se una persona eleggibile ritira la sua candidatura prima o durante l’elezione. Coloro che poi diventano effettivamente i nuovi membri del Consiglio federale, dichiarano davanti all’Assemblea federale (a Camere riunite) se accettano o meno la loro elezione; se un membro rifiuta la sua elezione il posto torna nuovamente vacante, cosicché venga indetta una nuova elezione.
Ad elezione definitiva, il Consiglio federale si compone da sette membri, ciascuno dei quali amministra un dipartimento, la cui ripartizione viene effettuata di comune intesa tra i membri del Governo. Il Consiglio federale rappresenta la massima autorità direttiva ed esecutiva della Confederazione elvetica ed è di sua competenza la gestione della politica estera, della sicurezza nazionale e degli affari interni che non ricadono nella competenza dei singoli Cantoni, oltre ad essere responsabile dell’elaborazione del piano finanziario dello Stato, comprensivo del bilancio preventivo e del consuntivo, nonché della supervisione della gestione finanziaria. L’Esecutivo svolge poi un ruolo chiave nella fase preliminare del processo legislativo: redige progetti di atti normativi e decreti federali, sottoponendoli all’Assemblea federale per l’approvazione. Si occupa anche della stesura dei testi legislativi, dell’emanazione di ordinanze e della supervisione dell’applicazione delle leggi, dei decreti e delle sentenze giudiziarie nell’ambito delle sue competenze.
Competenze di primo piano pressoché immutate dal 1848 e ancora oggi fondate sul principio di collegialità e sul principio presidenziale. I consiglieri federali rivestono una duplice funzione, quali membri del Governo (e quindi congiuntamente responsabili dell’attività governativa), e quali responsabili di un dipartimento specifico rappresentandone compiti e mandati in seno al Collegio. Un ruolo non solo di pubblica utilità, ma da sempre considerato anche di spicco e di prestigio (anche di natura economica). Eppure, dopo l’annuncio delle dimissioni della consigliera Viola Amherd, i candidati che si sono propostisi per la sua successione inizialmente si costituivano in numero piuttosto esiguo, tanto da far pubblicare al giornale Schweiz am Wochenende un annuncio satirico che recitava: “Per completare la squadra, il Centro cerca disperatamente un/a consigliere/a federale”. Le riflessioni nate da questa situazione sono tuttavia quanto mai concrete, e riguardano anzitutto il tipo di impegno che questo lavoro comporta: troppo pesante? Meno attrattivo rispetto al passato? D’altronde, anche l’ex consigliera Simonetta Sommaruga al momento delle sue dimissioni alla fine del 2022 sottolineò quanto la carica richiedesse non solo un impegno a tempo pieno (pur non essendolo), ma anche una forte pressione costante: “Ho vissuto questa intensità, questa presenza temporale e interiore permanente. E questo perché, dal mio punto di vista, è ciò che la carica richiede”.
In effetti, secondo Moreno Bernasconi, analista della politica e della storia elvetica e presidente del Consiglio della Fondazione Federica Spitzer, il sistema svizzero è “un sistema politico artigianale”, con un impegno e un servizio volontario per la cosa pubblica molto organizzato: dai quartieri, ai comuni, fino ai cantoni e poi alla Confederazione; il potere viene esercitato “bottom-up”, dal basso verso l’alto, e il senso della milizia per il Paese viene esercitato non solo in Consiglio federale, ma anche in altri ruoli (basti pensare al potere esteso che In Svizzera ha il Senato). Un sistema dunque che funziona bene, a prescindere da quello che è capitato per la sostituzione di Amherd; si tratta infatti di un lavoro collettivo, multistrato, di egual importanza nelle amministrazioni comunali quanto a Palazzo federale: un lavoro che presuppone un impegno di fondamentale importanza a tutti i livelli.
Concorda su questo punto anche Nenad Stojanovic, politologo svizzero e professore FNS al Dipartimento di scienze politiche dell’Università di Ginevra, aggiungendo che alla candidatura di un politico possono comunque soggiacere anche motivazioni strategiche, e la rinuncia da parte di alcuni possibili candidati può anche essere legata alla volontà di rivestire prima ruoli cantonali o nazionali, che porteranno comunque in seguito a poter ricoprire anche quella di consigliere federale. Inoltre, relativamente al sistema di milizia, Stojanovic ricorda che lo stipendio parlamentare non è parificato ad un impiego a tempo pieno, e parallelamente il politico può avere delle attività che porta avanti nella società civile o nei consigli di amministrazione; un aspetto che può fare una grande differenza nell’accettazione o nel diniego di una nomina nel Consiglio federale.
Consigliere federale cercasi
Alphaville 05.02.2025, 12:35
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È dunque un vantaggio o uno svantaggio per il politico svizzero assumersi una responsabilità politica, ma soprattutto economica in Svizzera? Moreno Bernasconi afferma che il sistema svizzero è ibrido e complesso, in parte anche fragile, ma può far trarre enormi benefici a chi si assume questo onere, non solo a livello economico. Un sistema che non solo funziona, ma che è ancora solido, permettendo anche a dei consiglieri federali ritenuti sulla carta meno influenti di ottenere risultati importanti per la nazione.
Ciò non toglie tuttavia, come riportato anche da Tvsvizzera.it, che secondo diversi esperti il sistema di governo svizzero necessiti di alcune riforme, quali ad esempio l’ampliamento del numero di consiglieri federali, che potrebbero essere aumentati da sette membri a nove o addirittura a undici, come riportato da Adrian Vatter, docente all’Università di Berna, intervistato dalla Radiotelevisione svizzera di lingua tedesca (SRF). D’altro canto, numerosi ex consiglieri federali propendono invece, più che per l’ampliamento del Consiglio federale, per il potenziamento della presidenza; l’idea di istituire un dipartimento presidenziale, con un ruolo più incisivo nella direzione e nel coordinamento dell’esecutivo, sembra essere una proposta più apprezzata, in quanto non solo la mole di lavoro sarebbe meglio distribuita, ma il capo del nuovo dipartimento potrebbe assumere un ruolo di leadership per un tempo maggiore rispetto ad oggi, ad esempio due anni, garantendo così maggiore coesione e continuità nell’azione di governo.