Molto nota la Via Francigena (un percorso di oltre tremila i chilometri che da Canterbury, in Inghilterra, conduce a Roma), mentre è forse un po’ meno conosciuta (per ora) la Via Francisca del Lucomagno: un’antica via transfrontaliera percorsa per secoli, che torna in auge grazie al progetto interregionale “Tra-me”- Tracce di meraviglie lungo la Via Francisca. Cinquecentodieci chilometri totali per questo antico percorso di origine romano-longobarda, voluto per collegare Costanza a Pavia (dove si incontra con la Via Francigena, verso Roma), passando per la Svizzera e in particolare per il Lucomagno; un passo che con i suoi 1915 metri di altitudine è il più basso valico nell’area alpina e dà quindi l’opportunità di essere percorso in ogni stagione sia a piedi, sia in bicicletta (e in alcuni tratti anche da persone con mobilità ridotta). Un percorso sicuro e ben segnalato, che permette di compiere un viaggio a ritroso nel tempo attraverso ben 1400 anni di storia e di storie, come quelle di traditori e briganti, ma anche di santi, condottieri e grandi artisti, traducendosi così nelle radici storiche di un’intera regione posta tra due nazioni.
Lo scopo di Tra-Me è proprio quello di fornire l’opportunità di immergersi nelle bellezze di un territorio di inestimabile fascino -costellato da siti patrimonio dell’UNESCO, da parchi naturali e da numerosi beni artistici e storici- ma che racchiude anche vicende e misteri di coloro che l’hanno percorso per secoli. Anzitutto il passaggio dei Franchi -come racconta l’ideatrice del progetto Marilena Flury Roversi- popolo a cui si deve la nascita stessa della Via Francisca, dopo che scese per il Lucomagno, arrivò a Bellinzona e vinse i Longobardi, con l’intento di raggiungere infine l’Italia, e in particolare Pavia. L’Esercito passò dunque il Monte Ceneri e arrivò a Ponte Tresa, ma non essendo in grado di oltrepassare il fiume Tresa (a quel tempo molto impetuoso e dalle ripide rive), decise di invertire la rotta. Tre i comandanti a capo dell’esercito franco: uno perì a Bellinzona, il secondo decise di dirigersi verso nord e fare i passi del Trentino per entrare in Italia, mentre il terzo si diresse verso sud. Proprio lungo questa strada, ancora oggi vi sono dei tratti della Via Francisca, come ad esempio a Gudo e a Muralto (dove per altro é situata anche la Collegiata di San Vittore risalente al VI secolo, una delle due più importanti chiese in stile romanico del Canton Ticino e dunque un luogo di passaggio privilegiato). Secondo quanto venne tramandato, quando questo terzo comandante franco incontrò lungo il percorso un capo longobardo, precisamente il duca Mimulfo di San Giulio, questi lo aiutò indicandogli un percorso per raggiungere Pavia che passava sulla sponda orientale del lago d’Orta; un gesto che i Longobardi inevitabilmente giudicarono come di altro tradimento, tanto che il duca pagò con la sua stessa vita. Il racconto, secondo la giornalista, sembra essere suffragato dal ritrovamento di un sarcofago, oggi custodito nella Basilica sull’Isola di San Giulio a Orta, su cui troneggiava l’incisione ‘Mainulf Dux’ e in cui giaceva uno scheletro decapitato.
Proprio queste origini legate a spostamenti di carattere marziale, in effetti, sono esemplificative dello scopo costruttivo dell’antica Via; in effetti, come spiega ancora la giornalista, in generale le vie non venivano costruite per scopi spirituali e di pellegrinaggio, ma piuttosto per uso militare. La via del Lucomagno, ad esempio, venne lastricata con il preciso intento di favorire il passaggio dei carri dell’Esercito, diventando così sin da subito un percorso di grande importanza. Per altro, sottolinea sempre Marilena Flury Roversi, partendo da Bellinzona la Via Francisca in Ticino è divisa in due: una via che da Disentis raggiunge Bellinzona attraverso il Lucomagno, e poi una via che è a sua volta ramificata in due parti. Il primo ramo è quello occidentale nato come Via Francisca nel 590 circa, che si dirige in Piemonte attraverso Camedo e le Centovalli, mentre il secondo ramo diretto verso la Lombardia ha origine attorno alla metà del XII secolo con Federico Barbarossa, e scende nei territori di Varese attraverso appunto il comune Ponte Tresa.
Tra-Me, che significa sia “TRAcce di MEraviglia” e nel contempo “trame o intrecci”, intende far riscoprire questa Via anche per la sua valenza connettiva: un ponte tra Svizzera e Italia e un ponte tra cultura e tradizione, con uno sguardo comunque puntato anche all’innovazione turistica. E per conoscerne tutte le sfumature, sono stati ideati numerosi percorsi a tema, che portano ad esempio alla riscoperta dei sessantadue santuari sul cammino, oppure il percorso dedicato alla gastronomia storica, all’arte, alla natura, ma anche quello votato ai luoghi “del sangue e delle streghe”, per carpirne le storie più noir. Un cammino ideato per tutti, sportivi o meno; tutta la via infatti è interamente coperta dai mezzi pubblici, e volendo può oltretutto essere percorsa anche solo a tappe (di circa venti chilometri ciascuna) nell’arco di un fine-settimana.
Contestualmente il progetto prevede anche la realizzazione di due infrastrutture strategiche, quella su suolo svizzero è la Casa Maestro Martino (celebre cuoco nato nella frazione bleniese di Torre attorno al 1430) in Valle di Blenio, un centro votato alla documentazione storica e alla tradizione culinaria, che includerà una cucina didattica per ospitare corsi tematici.; mentre la struttura su suolo italiano sarà il Centro Culturale Multimediale sul Turismo Lento e Sostenibile situato a Omegna, in Piemonte, con spazi per incontri, una biblioteca specializzata e un sistema digitale progettato per garantire l’accessibilità delle informazioni a tutti.
“Tra-Me”
Alphaville 31.01.2025, 11:05
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