E se da quella celebre scatola di cioccolatini di Forrest potessimo scegliere quale cioccolatino mangiare e selezionare il migliore da un punto di vista sensoriale, ambientale e sociale?
Dietro a packaging colorati, pubblicità ammiccanti e storytelling evocativi, si nasconde troppo spesso uno scenario triste: un cioccolatino tanto amaro che nessuno vorrebbe mangiare; ma il movimento Bean to Bar offre un’alternativa e la gastronoma Jenna Mattich ci accompagna in questo viaggio, facendo tappa anche in Ticino.
Tra i quasi undici chilogrammi di cioccolato consumati in media pro capite in Svizzera, possiamo finalmente scegliere quale “scatola di cioccolatini” vogliamo veramente acquistare e degustare, lasciandoci sorprendere dalle sue infinite sfumature di gusto, sostenibilità e qualità grazie al cioccolato prodotto secondo la filosofia del Bean to Bar.
Cos’è il Bean to Bar?
Bean to Bar significa letteralmente dalla fava (di cacao) alla barretta (tavoletta di cioccolato). Un concetto semplice per definire un tipo di produzione che si differenzia da quello industriale: tutte le fasi produttive si concentrano nelle mani di un singolo artigiano, che si occupa di valorizzare al massimo le qualità organolettiche delle fave di cacao selezionate per offrire al consumatore un prodotto unico, eccellente e sostenibile. Una filiera corta e controllata, dove il cioccolatiere conosce la provenienza, i contadini o cooperative (spesso personalmente), i processi e le condizioni lavorative. Nel mondo, solo l’1% del cioccolato viene prodotto seguendo questi canoni, infatti, anche le piccole o medie cioccolaterie o pasticcerie, per produrre la propria linea, acquistano cioccolato semilavorato.
Origine e filosofia del Bean to Bar
Il Bean to Bar è un movimento nato negli USA agli inizi degli anni 2000 grazie ad una crescente domanda di prodotti di qualità e una richiesta sempre maggiore di trasparenza, tracciabilità e sostenibilità. Fa il suo ingresso in Europa verso la fine del 2000, ma rimane un trend di nicchia che vedremo probabilmente crescere e affermarsi nei prossimi anni.
Si distingue per i suoi principi fondamentali:
tracciabilità e trasparenza,
valorizzazione delle qualità varietali del cacao,
processo produttivo artigianale,
sostenibilità ambientale e sociale,
esperienza sensoriale attraverso degustazioni e analisi organolettica.
Il concetto di fondo è lo stesso che viene adottato nel mondo del caffè per il movimento dello specialty coffee: produrre cioccolato di qualità valorizzando tutte le fasi produttive, arrecando meno danni possibili all’ambiente e alle persone.
Deforestazione, utilizzo di pesticidi, sfruttamento della manodopera, lavoro minorile sono solo alcuni dei problemi che affliggono l’intera filiera del cioccolato. Un prodotto che continua a deliziarci, ma che a queste condizioni lascia solo l’amaro in bocca.
Cioccolato, sostenibile oppure no?
Luca "Paltrax" Paltrinieri e Claudia Demircan 11.04.2024, 12:00
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Le fave di cacao come l’uva per il vino, tra terroir, monorigini e blend
Nel mondo esistono diverse varietà o cultivar di cacao. Il Criollo, il Forastero e il Trinitario sono le più conosciute, ma non sono le uniche. Esistono infatti piccole produzioni di varietà autoctone, difficilmente categorizzabili.
Il Criollo è una varietà rara e dalle caratteristiche organolettiche pregiate, ha una produzione bassa a causa della sua sensibilità ai cambiamenti climatici e atmosferici, un prezzo elevato e viene soprattutto coltivato in Centro e Sud America.
Il Forastero è la varietà più prodotta al mondo (circa 80% della produzione mondiale) grazie alle sue particolari caratteristiche adattive, ma meno pregiata dal profilo sensoriale, nettamente più economica e coltivata nei Paesi africani.
Il Trinitario è invece una varietà ibrida tra Criollo e Forastero, rappresenta circa il 15% della produzione mondiale e viene coltivato principalmente in Asia e America Latina.
Il movimento Bean to Bar in generale preferisce selezionare fave di Criollo, ma non esclude necessariamente il Forastero e altre cultivar, se provenienti da singole zone di produzioni particolarmente vocate e di un certo terroir. Le cosiddette “singole origini” o monorigini, sono caratterizzate spesso da un insieme di varietà di cacao di una determinata zona vocata di produzione, che può includere tra queste anche il Forastero.
Come nel vino e nel caffè, un certo terroir può regalare particolari note organolettiche identitarie, tipiche di quella regione di produzione. Allo stesso modo in cui molti sommelier esperti possono identificare, partendo dalle caratteristiche organolettiche di un certo vino, la zona di produzione e altre informazioni come la varietà delle uve, il tipo di vinificazione e le condizioni climatiche di quell’annata, lo stesso è possibile attraverso la degustazione di una tavoletta di cioccolato monorigine Bean to Bar.
Ad ogni modo, all’interno del movimento si identificano diversi stili e idee: non è da escludere blend (miscele) di diversi cacao di origini differenti per ottenere una tavoletta di cioccolato unica e in perfetto equilibrio. Secondo il Signor Bruno Buletti, esperto cioccolatiere e responsabile della confiserie Buletti in Leventina (unica in Ticino per la sua produzione Bean to Bar), alcuni prodotti a base di cioccolato vengono realizzati combinando diverse monorigini per bilanciare le note più intense, ottenendo così un prodotto equilibrato e piacevole.
Come nel caso del vino, sarà l’enologo a scegliere, volta per volta, il miglior processo per esaltare al meglio la qualità di una certa annata e/o delle varietà selezionate.
Il cacao è un frutto che contiene al suo interno una polpa mucillaginosa biancastra che protegge fino a circa sessanta fave di cacao (semi). Se la polpa può considerarsi gradevole al gusto, lo stesso non può dirsi delle fave, le quali risultano poco invitanti a causa dell’eccessiva amarezza e astringenza.
Il Bean to Bar in Ticino con Bruno Buletti
Nonostante il movimento sia ormai nato da un ventennio, il cioccolato Bean to Bar in Svizzera rimane un prodotto poco conosciuto e di nicchia, come conferma Bruno Buletti: «In Svizzera saremo in sei o sette a produrre il cioccolato seguendo questa logica». Ed è in Valle Leventina che da oltre vent’anni si trova l’unica realtà della Svizzera italiana che produce cioccolato Bean to Bar.
Quando si avvicina Natale non c'è tregua
Lo stesso Buletti racconta che è sempre stato curioso, all’avanguardia e con tanta voglia di sperimentare, tanto che da alcuni anni acquista e tratta addirittura la mucillagine del cacao per creare nuovi prodotti e sapori. Bruno Buletti, responsabile di produzione dell’azienda Buletti, si definisce cioccolatiere di nascita, confettiere, panettiere, pasticcere e gelatiere. Competenza, conoscenza, esperienza e tanta passione sono gli ingredienti necessari per poter curare tutte le fasi delicate della produzione del cioccolato (e non solo). Buletti porta avanti questa filosofia come scopo di vita, per poter offrire ai propri clienti prodotti sani, con all’interno il minor quantitativo di ingredienti esterni, di qualità e prodotti secondo i principi dell’agricoltura biologica. Un cioccolato pregiato che ancora non viene pienamente compreso dalla clientela: «È dura, molti guardano il prezzo rinunciando all’acquisto, non comprendendo il lavoro che ci sta dietro».
Chiudere gli occhi e degustare
Per concludere, Buletti ci offre alcuni consigli preziosi per degustare al meglio una tavoletta di cioccolato Bean to Bar monorigine, consentendoci di apprezzarne appieno le sue qualità:
Raccomanda di optare per una percentuale di massa di cacao compresa tra il 65% e il 75%: le tavolette Bean to Bar, grazie alla ridotta aggiunta di burro di cacao e altri ingredienti (oltre allo zucchero), e alla loro produzione utilizzando fave di alta qualità, offrono un prodotto notevolmente più concentrato rispetto alle tavolette industriali con la stessa percentuale di massa di cacao.
«La temperatura adatta per la degustazione si aggira intorno ai 20-22°C, in maniera da avere la giusta croccantezza e cogliere al meglio tutte le caratteristiche sensoriali».
Buletti consiglia di sciogliere in bocca il cioccolato in un primo momento chiudendo il naso, in modo da percepire tutti i gusti (acidità, dolcezza, amarezza) e le sensazioni tattili (per es. astringenza) per poi apprezzare gli aromi sprigionati nella parte retronasale, schiudendo il naso: «Il cioccolato può avere moltissime note aromatiche, tra cui fruttato, agrumato, speziato, vanigliato, fiorito e aromi che ricordano ad esempio banana, cocco e frutta a guscio.»
EcoCacao
Millevoci 10.01.2024, 10:05
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Fonti:
- https://www.chocolatescorecard.com/
- Giovannetti, Manuela, and Monica Agnolucci. “I lieviti del cacao e gli aromi del cioccolato.” Georgofili: atti dell’Accademia dei Georgofili: Serie VIII, Vol. 15, 2018 (2019): 252-262.https://arpi.unipi.it/retrieve/e0d6c92f-6301-fcf8-e053-d805fe0aa794/4648_.pdf
- Linciano, Elisa. Studio del processo di solidificazione del cioccolato= Study of the chocolate solidification process. Diss. Politecnico di Torino, 2018. https://webthesis.biblio.polito.it/secure/8541/1/tesi.pdf
- https://criolloquetzal.ch/en/chocolate-blog/bean-to-bar-and-tree-to-bar-chocolate-in-switzerland/
- https://www.buletti.com/index.html
- https://www.kakaoplattform.ch/about-us
- https://www.cbi.eu/market-information/cocoa-cocoa-products/switzerland/market-potential#:~:text=Examples%20of%20Swiss%20bean%2Dto,Chocolatier%2C%20L%C3%A4derach%20%2C%20and%20Sweetzerland%20.
- https://de.statista.com/statistik/daten/studie/369440/umfrage/pro-kopf-konsum-von-schokolade-in-der-schweiz/#:~:text=Der%20Pro%2DKopf%2DKonsum%20von,betrug%20noch%209%2C9%20kg.
- https://www.smithsonianmag.com/arts-culture/a-brief-history-of-chocolate-21860917/