Miso, shio-koji, kombucha, kimchi coreano, crauti o semplicemente vino, birra e formaggio, sono solo alcuni esempi di cibi fermentati, cioè cibi “vivi”, prelibatezze che oltre a fare molto bene al nostro organismo, arricchiscono la nostra dieta con gusti e consistenze unici, rivelandosi anche un valido aiuto in cucina sia per combattere lo spreco alimentare, sia per risparmiare energia.
Parliamo, infatti, di una tecnica culinaria che avviene senza l’ausilio di nessuna fonte di calore e nessun elettrodomestico: tutto avviene grazie alla “sola” natura.
Sempre più spesso si parla di cibi e bevande fermentate come una nuova tendenza del mondo enogastronomico.
La fermentazione degli alimenti è, in realtà, una tecnica antica di conservazione che ai giorni nostri si è persa, in parte, a causa della produzione alimentare industriale e con i moderni metodi di conservazione – ne avevamo già parlato in questo extra, soffermandoci sulla storia:
In occasione di un laboratorio a tema tenutosi durante l’ultima edizione di Terra Madre Salone del Gusto a Torino, Carlo Nesler, uno dei massimi esperti italiani di fermentazioni alimentari alternative, attivo sia come formatore sia come consulente di chef e come divulgatore della fermentazione casalinga, spiega: “la fermentazione è uno strumento per trasformare il cibo. Sappiamo che ogni cibo va a male se è lasciato a sé stesso, ma sappiamo anche che se creiamo delle condizioni specifiche, avremo dei microorganismi che invece di farlo andare a male lo fanno “andare a bene” trasformandolo in qualcosa di migliore sia per il gusto che per la salute. Pensiamo allo yogurt: aggiungendo i microbi giusti al latte portato a 40°C e lasciandolo riposare per 8 ore, lo si ottiene. Questo tipo di principio è ciò che succede nel mondo della vinificazione e panificazione, della birra, dei formaggi, salumi e di tutti quei prodotti fermentati che ci sono nel mondo agroalimentare.”
Effettivamente, spesso non pensiamo che gran parte dei prodotti ritenuti “usuali” si avvalgono del principio di fermentazione per la loro produzione. Oltre a questi, però, la metodologia che è tornata in auge in questi anni soprattutto a livello casalingo e artigianale è quella fermentazione che vede protagonisti verdure, mescolamenti, sale e barattoli; quella stessa fermentazione che oggi è di gran moda perché risulta essere anche un ottimo metodo per limitare fortemente gli sprechi alimentari tra le nostre quattro mura ed essere un vero toccasana per la nostra salute.
La fermentazione: che cos’è
La definizione di fermentazione viene introdotta per la prima volta dallo scienziato Louis Pasteur nel XIX secolo che la definì “vita senza aria”. Questa tecnica è uno dei processi biochimici tra i più semplici e primitivi per ottenere energia dagli alimenti, un processo chimico con cui i batteri e i funghi (lieviti) ricavano energia necessaria alle loro funzioni vitali dagli zuccheri, in assenza di ossigeno, convertendo i carboidrati in acidi. Tipico segno di fermentazione in atto sono le bollicine che si creano man mano che si lasciano riposare gli alimenti sottoposti a questo processo. La fermentazione, poi, conferisce ai cibi una nuova consistenza e un sapore deciso. Oltre a pane, salumi, birre e formaggi, negli ultimi anni si assiste a un progressivo aumento di fermentati nel mondo vegetale, complici le alte cucine degli chef in continua ricerca, l’attenzione sempre alta verso il cibo salutare e le contaminazioni culinarie di altre culture gastronomiche che basano, per tradizione, la loro cucina su tecniche fermentative. Pensiamo alla cucina giapponese con il miso, a quella koreana con il kimchi o a quella nordica con il mondo delle verdure fermentate, primi tra tutti e più comuni, i crauti.
Fermentazione spontanea o con starter. Esempi di pietanze fermentate
Per attivare una fermentazione, uno specifico microrganismo deve essere presente in misura maggiore agli altri. Questo può avvenire in maniera spontanea o grazie a uno “starter”.
Nella fermentazione spontanea si creano le condizioni ambientali ideali in termini di temperatura e pH volte a favorire la proliferazione dei microrganismi desiderati già presenti in modo naturale nell’aria, nell’ambiente, sulle materie prime che si stanno preparando o, banalmente, sulle mani che usiamo per maneggiare il cibo da fermentare. In questo caso, quindi, non se ne aggiungono per nostra mano ma ci si affida alla spontaneità del processo. Ne sono un classico esempio i crauti, appunto.
Nella fermentazione con starter si inocula in maniera massiccia il microrganismo desiderato con delle colture di microrganismi in modo da avviare il processo di fermentazione. Come, per esempio, nella preparazione del pane e dello yogurt.
C’è poi un altro distinguo da fare e riguarda i tipi di fermentazione: lattica o alcolica.
Questi variano a seconda dei microorganismi coinvolti nel processo e determinano gusti e consistenze diverse dell’ingrediente utilizzato per la preparazione.
Nella fermentazione lattica, i microrganismi (batteri, lieviti) producono acido lattico che va ad abbassare il pH favorendo la conservazione dell’alimento e conferendo al prodotto quel sapore forte, deciso e acido tipico di questa fermentazione. La fermentazione lattica è alla base della produzione di alimenti come il formaggio, lo yogurt, i crauti, gli insaccati e i sottaceti.
Nella fermentazione alcolica, i microrganismi (di solito lieviti) producono anidride carbonica e alcol etilico. Questo tipo di fermentazione permette la creazione di alimenti come vino, birra e pane.
I crauti: ricetta esempio di fermentazione spontanea e lattica
Torniamo, quindi, ai nostri crauti (o a qualsiasi preparazione vegetale si voglia fermentare): in questa ricetta la fermentazione si attiva mescolando semplicemente sale alle verdure, una volta tagliate sottilmente. Il sale, per osmosi, agisce estraendo l’acqua di vegetazione che creerà un liquido simile a una salamoia. Questo fa sì che si inibiscano i microbi “nocivi” e si alimentino quelli buoni necessari alla trasformazione dell’alimento. Una volta aggiunto il 3% del sale su ogni chilo di verdura – in questo caso il cavolo cappuccio – si mescola bene il tutto e si lascia riposare per un’ora. Trascorso il tempo si noterà una discreta quantità di liquido prodotta ed è solo a questo punto che le verdure possono essere trasferite in un barattolo atto alla fermentazione, una volta scolate dal liquido di vegetazione e pressate molto bene all’interno del barattolo per eliminare bolle d’aria. Stipato bene tutto il prodotto nel barattolo e lasciando qualche dito libero dall’orlo, lo si chiude e lo si lascia riposare a temperatura ambiente per diverse settimane avendo cura di sfiatare il barattolo di tanto in tanto per evitare che “scoppi”.
Questo procedimento può essere fatto allo stesso modo con i porri, ricetta molto interessante perché del porro si può utilizzare sia la parte verde che quella bianca, riducendo gli scarti.
La fermentazione come strategia di sicurezza alimentare
Nell’immaginario collettivo, parlare di “batteri” sposta subito l’attenzione sull’accezione negativa del termine, è quindi facile proiettare certe paure sul mondo delle fermentazioni. In realtà, i microrganismi, in generale, sono essenziali per tutte le forme di vita e sane comunità di questi sono la nostra più importante protezione. In tal senso, si potrebbe vedere la fermentazione come una strategia di sicurezza alimentare. I microorganismi “benefici” coinvolti, infatti, permettono di ottenere l’alimento fermentato desiderato e, allo stesso tempo, lo proteggono da batteri patogeni che potrebbero farlo marcire o renderne pericolosa l’ingestione. Chiaro è che, come per tutti gli alimenti, anche i cibi fermentati devo seguire delle regole di igiene e di stoccaggio in modo che non vengano contaminati; in più, come spiega e specifica ancora l’esperto Carlo Nesler, oggi ci sono tanti libri su cui contare per farsi una cultura a riguardo e soprattutto sono diverse le persone specializzate che tengono corsi legati a questa tematica. È quindi consigliato a tutti gli appassionati di cucina addentrarsi in questo mondo dove lo “spreco alimentare” diventa un arricchimento ma prima, documentarsi attraverso i giusti strumenti.
Sandor Katz e il manuale sul mondo della fermentazione che ha rivoluzionato la cucina
Definito dal New York Times “una delle poche rock star della scena gastronomica americana”, Sandor Katz è l’autore di quell’opera ritenuta “la bibbia” del mondo della fermentazione.
Il suo libro, fin dalla prima edizione americana uscita nel 2003, ha ispirato centinaia di migliaia di persone a convertire le cucine di casa in piccoli laboratori per trasformare i vegetali in crauti, il latte in yogurt, frutta e vino in aceto. Nel 2016, poi, rieditando il libro e rendendolo ancora più completo, ha conquistato ancora più pubblico e ampliato la visione di questa tecnica così usata. Il suo primo scopo è sempre stato quello di fare conoscere la tematica per avvicinare il pubblico senza paura a questo mondo, facendo passare il messaggio della semplicità che può portare chiunque, nella propria cucina, ad abbracciare la tecnica della fermentazione. “Mentre due generazioni fa c’erano probabilmente molte più famiglie che producevano vino in casa, conciavano le olive, facevano pane – racconta Katz –, oggi sempre meno persone hanno contatto diretto con queste tradizioni e senza l’esperienza diretta è più facile temere delle tecniche in cucina che parlano di microrganismi, microbi… per me è importante soddisfare la curiosità di certe persone facendo loro capire che non bisogna essere degli scienziati per praticare la fermentazione.”
Fermentazione casalinga: largo al fai-da-te con Caterina Ratti di Tavola Calma
La fermentazione è semplice ed emozionante. Chiunque può realizzarla e l’attrezzatura di cui si ha bisogno è pressoché nulla. Esistono vasi di ceramica appositi per fermentare verdure, ma qualunque vaso di vetro si disponga in casa va benissimo.
La fermentazione fai-da-te è quanto di più lontano ci possa essere dal fast food e ci permette di utilizzare anche parti di scarto che altrimenti andrebbero gettate, o ridare vita ad alimenti “stanchi”. Nella Svizzera italiana, Caterina Ratti di Tavola Calma è la persona di riferimento quando si parla di fermentazione. Le abbiamo chiesto come si è avvicinata a questo mondo e di svelarci qualche curiosità sui cibi fermentati.
Tavola calma - Caterina Ratti
RSI 18.10.2022, 16:19
Con i suoi corsi, Caterina Ratti, insegna alle persone tutti i passaggi fondamentali per fermentare e panificare con la pasta madre, noi le abbiamo chiesto di svelarci alcune semplici ricette di fermentazione che si possono facilmente riprodurre a casa