Né la Serbia né la Croazia commisero genocidio, una contro l’altra, nel corso della guerra dei Balcani. Lo hanno deciso i 17 giudici della Corte Internazionale di Giustizia dell'Onu dell'Aja.
Nella prima sentenza, emessa martedì, il tribunale ha respinto le accuse mosse dal governo di Zagabria in merito alle tragedie consumatesi a Vukovar (e in altre città) nel 1991. A detta della corte non è stato dimostrato che la Serbia intendeva distruggere “tutta o in parte” la popolazione non serba nei territori che occupava. Nella seconda sentenza, pure resa pubblica martedì, non è stata accolta la denuncia delle autorità di Belgrado riguardante l’attacco alla maggioranza di etnia serba presente nella regione della Krajina che provocò la fuga di 200mila persone dalle loro case.
Il verdetto, definitivo, era atteso ma non inaspettato nel merito delle vicende alla lente dei giudici, anche perché il Tribunale per i crimini di guerra nell'ex Jugoslavia non ha mai incriminato serbi né croati per atti di genocidio reciproci. L’unico genocidio confermato nell’ambito della guerra dei Balcani resta dunque la strage di Srebrenica.
Al di là delle soddisfazioni e delle delusioni nel frattempo manifestate dalle autorità dei due Paesi, come e in che misura queste sentenze andranno ad influenzare l’elaborazione del conflitto? Si apre un nuovo capitolo nell’ottica del superamento degli eventi o di un inciampo nella stabilizzazione delle relazioni fra Serbia e Croazia? Modem ne parla con Andrea Rossini (osservatorio dei Balcani), Silvye Tomasevic (corrispondente da Roma per la TV Croata), Miodrag Lekic (montenegrino, ex diplomatico e professore alla Luiss di Roma) e con Fausto Pocar, giudice al Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia.
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