Mangiare male può uccidere. È il risultato di un vasto studio condotto da 130 ricercatori su scala mondiale e pubblicato da Lancet, secondo cui 11 milioni di decessi nel 2017, ovvero 1 su 5, è causato da un regime alimentare inadeguato. Sul banco degli imputati: l'eccesso di sale e un apporto insufficiente di cereali integrali e frutta. La cattiva alimentazione avrebbe provocato, nell'arco di tempo preso in considerazione dalla ricerca, più vittime del tabacco (otto milioni).
I ricercatori hanno esaminato in 195 paesi il consumo di sale, zuccheri, grassi saturi e fibre, solo per citare alcuni indicatori, basandosi anche sulle vendite di determinati alimenti lavorati e riuscendo ad associare il livello di consumo di un dato prodotto a una malattia cronica. Si arriva al risultato che in nessuna delle 21 regioni geografiche esaminate si ha un consumo ottimale dei 15 componenti alimentari analizzati, mentre in alcune aree tale consumo viene raggiunto solo parzialmente: come in Asia centrale per i legumi o nell'area Asia-Pacifico per gli omega 3. A nutrirsi peggio sono i paesi poveri o quelle aree economicamente più depresse dove si registrano carenze alimentari importanti.
L'alimentazione non è più quindi un fattore secondario, come si è creduto per anni, ma ha un impatto misurabile sulle malattie croniche. I dati non erano inattesi, ma quel che conta è che sono una base scientifica sulla quale costruire le politiche per incentivare a mangiare meglio e a prevenire l'insorgere di malattie.