Tavoli di fortuna, sedie non esattamente ergonomiche, ma anche stanze trasformate in veri e propri uffici e postazioni all'avanguardia. Il lockdown ci ha fatto sperimentare il telelavoro. I più fortunati hanno potuto sfruttare la generosa metratura della propria abitazione e gli strumenti messi a disposizione dai datori di lavoro, altri invece hanno dovuto arrangiarsi come hanno potuto, condividendo spazi ristretti con mogli, mariti, figli e animali domestici. C'è però da dire che questa forma di lavoro non è apparsa dal nulla. L'Ufficio federale di statistica raccoglie infatti i dati sul telelavoro a partire dal 2001.
I numeri del telelavoro
Nel 2001 le persone che lavoravano a domicilio almeno una volta al mese erano 248'000 (6,7% del totale dei lavoratori). Il fenomeno è aumentato costantemente negli anni, tanto che nel 2019 il valore ha toccato quota 1'108'000 (24,5%). I dati aggiornati al 2020, anno segnato dalla pandemia e dall'incoraggiamento delle autorità a sfruttare il lavoro da casa, non sono ancora disponibili, ma è piuttosto semplice ipotizzare un nuovo aumento generale dei numeri legati al telelavoro. In crescita è anche il numero di lavoratori che sono in home working per almeno il 50% del tempo: 31'000 nel 2001 (0,8%), 136'000 nel 2019 (3%).
Il lavoro da casa dopo il confinamento
C'è poi chi il lavoro da casa l'ha mantenuto anche terminato il periodo di confinamento forzato ed è proprio di queste persone che intendiamo occuparci. Persone come Chiara Cannellini, Giuseppe Strippoli e Francesca Longo, che ancora oggi sono in home working rispettivamente al 50% (Chiara e Giuseppe) e 80% (Francesca) per volere dei rispettivi datori di lavoro. Con loro abbiamo cercato di capire quali sono i pregi e quali i difetti di questa forma di lavoro.
Nel video ecco cosa è emerso.
Chi paga i costi del telelavoro
Telegiornale 20.10.2020, 22:00