C’erano una volta i film sull’amore
e la passione per il vino: Sideways di Alexander Payne (Oscar alla sceneggiatura), Un’ottima annata di Ridley Scott, il documentario Mondovino di Jonathan Nossiter e diversi altri.
Saint Amour di Benoit Delépine e Gustave Kerven ribalta il filone enologico-cinematografico con un film che, con grande ironia, produce nello spettatore il disgusto per il nettare degli dei.
Si parte dalla degustazione (solo presunta perché i personaggi in realtà trangugiano alla velocità della luce qualsiasi calice venga loro offerto) di vini all’interno del Salone internazionale dell’agricoltura di Parigi, per poi intraprendere un viaggio nella campagna francese studiato a tavolino a seconda dei maggiori vitigni.
Protagonisti un padre e un figlio allevatori di mucche, Gérard Depardieu e Benoît Poelvoorde, insieme con il tassista Vincent Lacoste che li traghetterà fino a quando il terzetto non raggiungerà una bizzarra nuova condizione familiare comune al fianco della bella Céline Sallette.
Vino, cibo, sesso e amore sono le forze che fanno muovere i tre: Depardieu scappa dall’elaborazione del lutto e continua a lasciare messaggi sulla segreteria telefonica della moglie morta, Poelvoorde corteggia ogni donna che incontra, Lacoste finge di avere moglie e figli pur essendo single.
Lo stile dei due registi francesi si connota ancora una volta per la comicità corrosiva e surreale: a volte divertente (lo sketch della agente immobiliare), a volte fastidioso (il finale scontato).
La spassosa opera di dissuasione dall’assunzione di vino raggiunge il suo apice quando, dopo l’ennesima ubriacatura, Poelvoorde elabora un decalogo sulle diverse fasi della ciucca, che termina con il malessere psicologico provocato dall’insopportabile vergogna.
Cin, cin!
Nel Club la scena cult assoluta riguarda Depardieu (Rete Tre 19.2.16)
RSI Info 19.02.2016, 20:18