“Eldorado” indica un luogo immaginario ricco di oro e quindi di possibilità per chi lo trovasse. Il regista svizzero Markus Imhoof dedica a questo sogno irrealizzabile Il suo documentario presentato nella competizione ufficiale (ma fuori concorso) alla Berlinale, intitolato appunto Eldorado.
Il film parte dagli struggenti ricordi d’infanzia di Imhoof, quando nel periodo della seconda guerra mondiale, la Croce Rossa svizzera accoglieva i bambini più bisognosi degli Stati limitrofi e li affidava a famiglie volontarie o li ospitava nei sanatori. I suoi genitori aiutarono una bambina malata italiana, Giovanna, ospitandola per due volte per il periodo di tempo massimo concesso dal governo: 6 mesi.
Dopo il suo secondo rientro in Italia, finita la guerra, la ragazzina ormai tredicenne morì di febbre.
A questo racconto del passato si intreccia la storia presente delle navi italiane che soccorrono gli immigrati dalla Siria e dall’Africa. Imhoof, come già fece in La barca è piena (candidato all’Oscar nel 1981 per il miglior film straniero) racconta storie di perseguitati (lì dal nazismo, qui dalla mancata accoglienza) senza speranza, in viaggio verso il loro Eldorado che quasi mai esiste. E riflette coraggiosamente sui meccanismi economici che forse stanno dietro alle scelte di alcuni governi di rifiutare l’accoglienza.
Francesca Felletti
Alla Berlinale si riflette sui migranti
Telegiornale 23.02.2018, 20:00