Un universo ristretto, con le sue "regole" e una sua filosofia, sta alla base di Mein Bruder heißt Robert und ist ein Idiot del tedesco Philip Gröning, la seconda coproduzione minoritaria svizzera (coinvolte la ventura film di Meride e la RSI) presentata in concorso alla 68esima Berlinale.
Una coproduzione minoritaria svizzera, coinvolta anche la RSI
Il regista cambia personaggi, genere e ambientazione ma torna, ribaltandole, a molte delle tematiche che erano alla base di
Il grande silenzio, il suo documentario che nel 2005 conquistò il pubblico internazionale.
Se là il microcosmo era costituito dalla quotidiana preghiera dei monaci dell’abbazia della Grande Chartreuse sulle Alpi francesi, qui la storia si svolge seguendo due giorni della vita di due gemelli alla fine dell’adolescenza. Elena e Robert vivono in un rapporto di totale simbiosi e compiono le azioni più efferate nella credenza assoluta che nulla esista al di fuori di loro due.
Giochi infantili, azioni folli e letture filosofiche (la concezione del tempo in Sant’Agostino, per dirne una) il tutto finalizzato, non come per i monaci certosini alla crescita interiore e alla redenzione, ma al nulla.
Applausi e fischi alla proiezione per la stampa
Applaudito e fischiato alla proiezione stampa di Berlino, una cosa è indubbia: alla fine delle quasi tre ore di durata, si viene risucchiati e disturbati dalle logiche insane di questi due ragazzi. Ed è un’esperienza – nel bene e nel male – molto forte che lascia nello spettatore un sacco di domande.
Francesca Felletti
Berlinale, una coproduzione svizzera
Telegiornale 22.02.2018, 20:00