Credit Suisse è stata condannata a pagare quattro milioni di franchi ad un suo ex impiegato, licenziato abusivamente. Lo ha deciso il Tribunale del lavoro di Ginevra.
L’uomo era stato licenziato il 19 maggio del 2014. Una data particolare, in quanto proprio quel giorno Credit Suisse si era dichiarato colpevole davanti alla giustizia statunitense di aver aiutato contribuenti statunitensi ad evadere il fisco.
Il numero uno della banca di allora, Brady Dougan, disse che a violare le regole interne della banca, che vietavano di fare affari con contribuenti statunitensi con fondi non dichiarati, erano stati solo 15-20 consulenti. Praticamente la banca aveva scaricato tutte le responsabilità sugli impiegati. E si era impegnata a licenziarli.
Uno di questi consulenti che si è rivolto alla giustizia, in quanto sosteneva che i viaggi oltreoceano per discutere di affari erano sì vietati dalle regole interne, ma che la direzione ne era a conoscenza e che veniva tollerato questo modo di agire. Il Tribunale di Ginevra ha accolto questa tesi, supportata da una serie di documenti che comprovano il tutto.
Il consulente era già sotto indagine negli Stati Uniti dal 2011, assieme ad altri. Credit Suisse si era impegnato ad assumersi le spese legali, ma ad un certo punto la banca smise di pagare gli avvocati. Motivo: uno dei consulenti si sarebbe dovuto presentare a processo e dichiararsi "non colpevole" vanificando le dichiarazioni di Brady Dougan sulle responsabilità della banca.