Intervista

“Ebrei e Israele, la Germania si contraddice”

Le considerazioni della scrittrice Deborah Feldman che nel suo ultimo libro critica il rapporto morboso fra la politica e l’opinione pubblica tedesca con l’ebraismo in generale

  • 25.03.2024, 05:52
  • 25.03.2024, 12:22
06:10

L’intervista integrale alla scrittrice Deborah Feldman

RSI Info 25.03.2024, 06:00

Di: Walter Rahue 

Si può essere ebrei e al tempo stesso antisemiti? In Germania si può, sostiene la scrittrice americana e tedesca Deborah Feldman. Nel suo ultimo libro “Juden Fetisch” critica il rapporto quasi morboso fra la politica e l’opinione pubblica tedesca con l’ebraismo in generale e con lo Stato d’Israele in particolare. Deborah Feldman è oggi una voce critica dell’ebraismo in Germania e una portavoce di spicco di una nuova generazione che guarda oltre il trauma dell’Olocausto per rivendicare una propria identità.

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La fuga dalla coumintà ebrea ortodossa

Telegiornale 24.03.2024, 20:00

“Perché i tedeschi hanno un feticismo nei confronti degli ebrei? Per comprenderlo bisogna andare molto indietro nel tempo. Bisogna iniziare con il rapporto fra il primo cancelliere tedesco del dopoguerra Konrad Adenauer e lo Stato d’Israele. Per Adenauer il perdono delle colpe tedesche nei confronti degli ebrei andava di pari passo con l’appoggio d’Israele. All’inizio degli anni Cinquanta Adenauer disse che non bisognava sottovalutare il potere degli ebrei. Per questo volle favorire la nascita di una nuova comunità ebraica in Germania per dimostrare al mondo il lato tollerante del Paese. Il governo di Bonn investì molti soldi. Da un lato per sostenere Israele e per fare lì anche buoni affari e dall’altro per favorire la crescita di una comunità ebraica tedesca. Il governo di Tel Aviv vide con grande scetticismo questa comunità perché Israele si considerava allora come l’unico rappresentante legittimo degli ebrei in tutto il mondo. Non voleva quindi che in Germania, nel Paese dei carnefici, nascesse una comunità ebraica indipendente. Questa comunità, appoggiata dai politici tedeschi, divenne una sorta di ambasciatrice d’Israele in Germania e per certi versi lo è ancora oggi”. 

Lei si sente tradita dal governo tedesco. Perché? 

“La Germania deve fare i conti con una grande responsabilità, ma anche con una grande contraddizione. A casa sua il governo tedesco sostiene di combattere l’estremismo di destra, il populismo e l’antisemitismo. Dall’altro lato crede di dover sostenere incondizionatamente lo Stato d’Israele, anche se questo è governato attualmente da estremisti di destra e da fanatici. E questo alla lunga non può funzionare”.

Questo ha forse a che fare con la pesante eredità dell’Olocausto che ancora oggi condiziona il dibattito politico nel Paese?

“L’Olocausto purtroppo viene strumentalizzato e questo non tanto per imparare davvero dalla storia e per far valere principi morali ma per evitare un vero confronto con la realtà. E questo è fatale. Soprattutto per giovani ebrei che vivono nella diaspora ma anche per coloro che vivono in Israele. Ebrei che come me hanno perso molti parenti nei campi di sterminio nazisti e che oggi lottano per un futuro sicuro per gli ebrei. E questo futuro è solo possibile se sia gli ebrei che i palestinesi che vivono in Israele possono sentirsi al sicuro”

Cosa significa però essere oggi ebrei in Germania?

“Per molto tempo gli ebrei in Germania venivano visti solo come un’idea astratta, come una sorta di proiezione collettiva, ma non come singoli individui. Nella coscienza collettiva gli ebrei erano tutti vittime, tutti sostenitori dello Stato d’Israele. Non venivamo visti come persone che possiedono una loro storia, che hanno le loro idee e convinzioni, ma solo come gruppo omogeneo. Ovviamente la realtà è diversa. Gli ebrei sono persone come tutte le altre. Alcuni ebrei sono di sinistra, altri di destra. Alcuni sono religiosi, altri sono atei. E questo è del tutto normale. Anche i tedeschi sono una realtà molto eterogenea. Il vero antisemitismo è questo. Pensare che gli ebrei non lo siano”. 

I suoi libri narrano dell’ambiente angusto, patriarcale e fanatico degli ebrei ultraortodossi, ma anche della svolta radicale e antidemocratica imboccata dal governo di Benjamin Netanyahu. Come sono stati recepiti i suoi libri in Israele?

“I sostenitori del governo di Benjamin Netanyahu trovano i miei libri come molto negativi, mentre i cittadini democratici e liberali li hanno lodati e mi sostengono. Per il movimento d’opposizione in Israele è molto importante che voci critiche come la mia vengano dall’estero. Questo li rafforza e fornisce loro una legittimazione. Lo Stato d’Israele ha oggi bisogno più che mai della diaspora e di queste voci critiche. Gli ebrei ultraortodossi e gli estremisti di destra in Israele farebbero molto volentieri a meno di noi ebrei che viviamo nella diaspora e che alziamo la nostra voce. L’ultima comunità ebraica progressista vive oggi non in Israele ma all’estero. Negli Stati Uniti, ad esempio, ma anche qui in Germania. Dopo gli attentati del 7 ottobre questa comunità è molto preoccupata e si domanda quale potrà essere il futuro d’Israele e come si può salvare la democrazia in quel Paese. Un Paese nel quale gli estremisti religiosi vogliono negare in futuro agli ebrei che vivono all’estero di ottenere la cittadinanza israeliana. Vogliono che Israele in futuro resti una nazione riservata solo ad un certo tipo di ebrei e non più a tutti”. 

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