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“Facile dire che la colpa è della Croce Rossa”

Per poter sostenere Gaza occorrono spazi umanitari sicuri, ma crearli “è compito della politica” - Intervista a Fabrizio Carboni, direttore CICR

  • 16 gennaio, 05:34
15:18

60 Minuti - Intervista a Fabrizio Carboni

RSI Info 15.01.2024, 22:19

  • Keystone
Di: 60 Minuti/Natda 

La crisi umanitaria a Gaza ha raggiunto “un livello di gravità senza precedenti”, commenta Fabrizio Carboni, direttore del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) per il Medio Oriente, intervistato a 60 Minuti. Dopo mesi di conflitto incessante, con un bilancio di oltre 23’000 morti, molti dei quali bambini, la situazione a Gaza è diventata un incubo per i suoi abitanti.

“Gaza è un posto chiuso, un campo di battaglia dove nessuno può nascondersi”, descrive Carboni. Al contrario degli assedi in Siria, dove i civili avevano la possibilità di nascondersi e fuggire, a Gaza questa opzione non esiste. La popolazione civile si trova intrappolata in una violenza intensa e inarrestabile. “L’impatto psicologico è forse più grave di una ferita”, afferma Carboni, sottolineando l’aspetto spesso trascurato della crisi: il trauma mentale e emotivo.

L’organizzazione è spesso al centro di critiche

Affrontando le critiche rivolte al CICR per non aver condannato a sufficienza Hamas, Carboni chiarisce la posizione dell’organizzazione: “Non è compito nostro. Operiamo sul campo e dobbiamo essere discreti per proteggere i nostri obiettivi. Siamo un’organizzazione umanitaria, non politica”. In un’epoca dove la guerra si combatte anche nell’arena della comunicazione, Carboni sottolinea la pericolosità di questa nuova tendenza.

Il CICR ha condannato l’assedio a Gaza fin dall’inizio ma considera prioritario pensare a cosa fare concretamente, dato che la situazione è peggiorata rispetto a tre mesi fa, rendendo ancora più difficile il lavoro umanitario. Carboni mette in luce la complessità del lavoro umanitario in un contesto così instabile: “Oggi non ce la facciamo”, ammette. La situazione disastrosa limita l’impatto delle azioni del CICR, e i rischi assunti sono enormi. “Il lavoro dei miei colleghi è eroico, ma non possiamo mettere sulle spalle degli operatori umanitari tutto quello che succede a Gaza”.

Il recente scambio di prigionieri e ostaggi a fine novembre, sebbene sia stato un successo, non compensa la gravità degli aspetti negativi. Questi eventi, per quanto positivi, lasciano un senso di lavoro incompiuto. “Queste piccole vittorie danno coraggio, ma c’è ancora molto da fare”, afferma Carboni.

“Lavorare in sicurezza è la nostra priorità”

In merito alla sicurezza, Carboni sottolinea che è la priorità principale del CICR: “Il nostro problema riguarda la sicurezza, non tanto la carenza di mezzi finanziari”. La recente perdita di quattro suoi colleghi della Mezzaluna Palestinese in un attacco dimostra il pericolo costante in cui si trovano i lavoratori umanitari.

Nonostante gli sforzi incessanti, la situazione rimane disperata con poche speranze di miglioramento nel breve termine. “Oggi non vediamo una via d’uscita,” conclude Carboni, sottolineando la gravità di una crisi umanitaria che continua a sfidare le possibilità di intervento efficace.

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