La strage che si è consumata venerdì a Mosca è stata rivendicata dall’IS. Il bilancio della sparatoria avvenuta all’interno del Crocus City Hall è salito a 115 morti e centinaia i feriti. Il servizio stampa del Cremlino ha confermato l’arresto di 11 persone, quattro delle quali direttamente coinvolte nella strage. Ma perché l’IS ha deciso di colpire la Russia? Lo abbiamo chiesto a Lorenzo Vidino, esperto di terrorismo e direttore del Programma sull’Estremismo della George Washington University.
“La Russia è uno dei nemici principali dell’IS. L’IS è attivo principalmente in questo momento in tre teatri geografici, che sono quello storico dell’Iraq e della Siria, quello dell’Afghanistan da dove sembrano provenire gli attentatori e quello africano. In tutti e tre questi teatri la Russia è attiva e in un modo o in un altro combatte contro l’IS. Quindi l’IS in questo momento vede la Russia come un nemico, forse ancor più dell’Occidente. Poi chiaramente il tutto rientra in odi storici legati al jihadismo caucasico e del centro Asia contro la Russia”.
Questo per quanto riguarda l’obiettivo. Ma il tempismo? C’è una relazione, secondo lei, tra questa data e l’attentato?
“Questo è difficile dirlo. Potrebbe esserci, e dal punto di vista dell’IS la Russia ha giocato un ruolo importante nella sconfitta del Califfato in Siria e in Iraq. La simbologia è chiaramente un qualcosa di importante per tutti i gruppi jihadisti. Al tempo stesso, è vero che il terrorismo spesso agisce in maniera molto opportunistica, quindi luoghi e tempi sono dettati più da ragioni contingenti legate a dove si pensa si possa colpire con più facilità. Quindi questo è difficile da dire al momento”.
Il fatto che la Russia si è impegnata fortemente sullo scenario bellico in Ucraina può essere stato un motivo di debolezza e su cui si è innestato l’IS?
“È chiaro che l’attenzione dei servizi russi è focalizzata soprattutto sul teatro ucraino, per quanto non abbia perso di vista la minaccia jihadista che, ripeto, in Russia esiste da decenni. È chiaro che le risorse sono limitate anche in un sistema come quello russo che è molto incentrato sulla sicurezza. Ed è chiaro che si può pensare che sia stato in un certo senso un sistema distratto da quello che succede in Ucraina. Diciamo che i servizi russi sono molto bravi nella repressione, storicamente non bravissimi nella prevenzione. Poi ripeto, queste sono cose che succedono in tutti i paesi. l’IS è stato capace di colpire più o meno in ogni paese del mondo, quindi è molto difficile prevenire. È chiaro che parliamo di un attentato, da quello che possiamo vedere di dimensioni importanti per quanto riguarda la preparazione. Il numero di individui coinvolti non è l’azione di un lupo solitario, potenzialmente più facile da prevenire. È un imbarazzo maggiore per Mosca e per il Cremlino”.
Un attentato che è una dimostrazione della vitalità dell’IS. Quanto è forte oggi lo Stato islamico? E dove è più radicato?
“Sì, l’IS oggi è molto diverso da quello di 5 o 6 anni fa quando è caduto il Califfato. Non c’è più una territorialità, almeno così centrale come qualche anno fa. Però esistono varie diramazioni più o meno forti in giro per il mondo, le cosiddette province autodefinite del Califfato. Quella in Afghanistan è probabilmente la più forte, capace sia di contrastare i talebani in Afghanistan in maniera importante - ricordiamoci anche dell’attentato avvenuto contro i talebani l’altro giorno - ma capace anche di proiettarsi in altri scenari geografici. Non sempre l’IS afghano ha cercato di colpire l’Europa. Nel periodo natalizio ci sono stati degli attentati sventati tra Germania e Austria, con diramazioni importanti e collegamenti importanti con l’Afghanistan. Non è la forza di 5 o 6 anni fa, ma è comunque ancora molto presente, molto capace di proiettare la propria influenza a livello globale”.
Lei ha ricordato gli attentati sventati in Europa, in Germania e Austria. Quanto è forte la minaccia di un attentato in Europa a questo punto?
“La minaccia non è mai scomparsa. È chiaro che gli anni più cupi del terrorismo di matrice jihadista dell’IS sono stati quelli tra il 2015 e il 2018. Da allora non abbiamo visto una scomparsa di questo tipo di minaccia. Abbiamo visto piccoli attentati e una serie di attentati anche più importanti, fortunatamente sventati dalle intelligence europee, spesso con l’aiuto di quelle americane. Il pericolo quindi sussiste se si possa vedere una recrudescenza nei mesi a venire. Io non vedrei necessariamente l’attentato di Mosca come l’inizio di una nuova campagna. Si inserisce in una lunga scia di attentati di alti e bassi nelle azioni dell’ISIS in Europa, intendendo anche in questo caso la Russia come parte di un’Europa allargata”.