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“Non c’è soluzione militare a questo conflitto”

Il ruolo degli USA nella crisi israelo-palestinese e le responsabilità dopo l’attacco di Hamas - Ne parliamo con il professor Nader Hashemi, esperto di politiche medio orientali

  • 13 ottobre 2023, 21:51
  • 13 ottobre 2023, 23:17
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  • Keystone
Di: Massimiliano Herber

La reazione risoluta e accorata di Joe Biden all’attacco di Hamas e a sostegno di Israele ha sorpreso anche i più critici, tanto da fare dimenticare quello che pareva essere un legame forte e particolare che il suo predecessore Donald Trump aveva in Israele. Da due giorni il Segretario di Stato Blinken è in Medio Oriente dopo un’accoglienza calorosa in Israele. Ma quanto accaduto lo scorso sabato 7 ottobre pone pure interrogativi sulle responsabilità USA, attore storicamente importante per il Medio Oriente. La RSI ne ha parlato con Nader Hashemi, professore di politiche medio orientali alla Georgetown University di Washington. Ecco la trascrizione dell’intervista.

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Nader Hashemi, professore alla Georgetown University

  • RSI

La reazione degli Stati Uniti e del Presidente Biden all’attacco di Hamas è stata immediata, risoluta e accorata: salvo pochissime eccezioni, un sostegno unanime a Israele… Se lo aspettava in tempi così polarizzati negli Stati Uniti?

“È una reazione comprensibile, dovuta, visto quanto è accaduto, i massacri, i traumi, le torture. Ma… temo non possiamo illuderci di pensare che il conflitto israelo-palestinese sia iniziato il 7 ottobre. Giusto? C’è una storia prima”.

A cosa allude?

“Non trovo assolutamente nulla di male nella reazione di Joe Biden; ho però qualche perplessità sulla sua unilateralità e sull’aver dimenticato in passato le sofferenze dei palestinesi (che tra l’altro già oggi contano più vittime di quelle dell’attentato di sabato). Se vorrà essere credibile nel proprio ruolo di leader morale politico mondiale non potrà dimenticare la Palestina”.

L’amministrazione Biden è forse la prima di un presidente democratico senza una proposta chiara di un piano di pace tra Israele e Palestina…

“…e ora vediamo le conseguenze dell’aver ignorato la questione palestinese. Temo sia questo uno dei più grandi errori dell’amministrazione Biden. Si è pensato che la questione della Palestina fosse chiusa, che si potesse procedere con questi accordi diplomatici tra Israele e le monarchie arabe illudendosi che così la regione sarebbe stata a posto, tranquilla e pacifica”.

Gli Accordi di Abramo e il futuro della regione

La normalizzazione dei rapporti tra Israele e le monarchie della Penisola Arabica non è necessariamente un male, no?

“Si è partiti dalla premessa che se si fosse riusciti a far fare la pace a questi Paesi, il resto della regione avrebbe vissuto in tranquillità. Sarebbe stata la panacea di tutti i problemi della regione. Avremmo potuto festeggiare e tornare tutti a casa. Era una completa distorsione della realtà e ora ci stiamo accorgendo di quanto fosse distorta quella realtà…”.

Di fatto Joe Biden nella regione si è mosso coerentemente a quanto fatto dal suo predecessore, sulla scia degli Accordi di Abramo del 2020.

“Non solo, addirittura quando Trump lodava gli Accordi di Abramo definendoli una via di successo per la pace nella Regione, il candidato Biden rivendicava parte del merito, dicendo che era stata l’Amministrazione Obama-Biden a gettare la base per quegli accordi e nel 2021, non appena, è salito al potere ha d’impulso seguito quella via…”.

Perché secondo lei Joe Biden ha sbagliato?

“L’amministrazione Biden ha ascoltato troppo a lungo i lobbisti politici di Washington, sia arabi che israeliani, ignorando la realtà sul terreno, dove vi sono una sofferenza e una rabbia immense. E ora tutto questo è riesploso e l’amministrazione non sa cosa fare…”.

Il futuro e il ruolo dell’Iran
Quale sarà ora in quest’ottica il futuro di questi accordi e delle relazioni che sembravano normalizzarsi nella regione, come tra Israele e Arabia Saudita?

“Tutti i piani per riappacificare Israele con altri Stati arabi, tutti dei regimi, ora sono congelati. Non credo ci saranno altri accordi di normalizzazione, viste le violenze. E anzi c’è una seria preoccupazione che nelle prossime settimane il conflitto possa espandersi, in Libano fino all’Iran”.

Ha accennato all’Iran… Finora gli Stati Uniti sono stati molto cauti nell’esplicitare un legame diretto tra Teheran e l’attacco di Hamas del 7 ottobre. Giovedì però la Casa Bianca ha deciso di bloccare all’accesso all’Iran ai sei miliardi di dollari scongelati solo tre settimane fa insieme allo scambio di prigionieri. Un’ammissione di responsabilità?

“È l’emotività del momento che condiziona l’Amministrazione Biden e la costringe a navigare a vista, tra una politica di apertura verso l’Iran che si vorrebbe continuare e la rabbia dell’opinione pubblica, dei repubblicani e della Comunità ebraica che vorremmo che Biden sia molto più duro con gli ayatollah”.

Le responsabilità degli USA

Telegiornale 13.10.2023, 20:31

Le lezioni della Storia

Cosa cambia ora con la presenza degli ostaggi americani in mano ad Hamas? Sappiamo che solo la parola “crisi degli ostaggi” fa venire brutti pensieri agli americani…

“Aggiunge un obbligo morale per gli Stati Uniti che, ancora una volta, vengono trascinati in Medio Oriente come Joe Biden o Tony Blinken non si sarebbero mai sognati prima del 7 ottobre”.

A Nord di Gaza è in corso la maxi-evacuazione di oltre 1,1 milione di palestinese. Cosa teme alla vigilia dell’annunciata operazione di terra?

“Temo l’emotività, l’impulsività della reazione… si è detto che quanto avvenuto in Israele è paragonabile all’11 settembre americano. Non vorrei che accadesse quel che accaduto agli Stati Uniti che vent’anni dopo l’attacco all’Afghanistan si sono ritrovati i Talebani al potere…”

Qual è il suo auspicio in attesa dell’attacco israeliano?

“Guardi… Non esiste una soluzione militare al conflitto israelo-palestinese. Gli israeliani pensano di sì. Gli americani anche. Ma è solo del “wishful thinking”, una pia illusione.”

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