Centododici sono i giorni che Galina ha trascorso da sola nel suo appartamento, con i suoi due gatti, all’ottavo piano di un palazzo di Mariupol. Centododici giorni senza acqua corrente, né elettricità, né riscaldamento, mentre fuori l’artiglieria russa distruggeva la città.
“Ho provato a scappare il primo giorno, quando è iniziata la guerra, ma non ci sono riuscita. Ho cucinato con l’aiuto delle candele perché non c’era più corrente elettrica e bevevo l’acqua che qualcuno mi portava di tanto in tanto. Per mangiare avevo delle conserve e del grano saraceno che lasciavo nell’acqua per un giorno intero per farlo ammorbidire. Per questo ho iniziato ad avere dei problemi ai denti”, racconta ai microfoni della RSI, mentre viene assistita nel centro Caritas di Odessa.
Le immagini di distruzione della città di Mariupol hanno mostrato una delle facce più feroci della guerra in Ucraina. Ma dopo il lungo assedio e l’occupazione russa, soltanto 8'000 persone sono rimaste a vivere in quello che resta della città.
“Una sera sono andata in cucina per prendere delle medicine, poco dopo c’è stata un’esplosione e delle schegge di metallo hanno colpito il letto dove ero stesa fino a un attimo prima. Dio mi ha salvata”. Galina ci racconta che il suo palazzo ospitava 84 famiglie. Dopo l’assedio e la presa del controllo da parte dei russi ne erano rimaste solo una ventina. Chi ha potuto, è scappato.
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“Quando ha iniziato a fare più caldo, siamo usciti fuori e ci siamo seduti alle panchine sotto al palazzo. A cinque metri da noi e tutt’attorno c’erano delle fosse scavate con dei corpi sepolti. Le fosse non erano profonde e si vedevano dei resti umani. C’erano dei cani e altri animali affamati che scavavano. Era spaventoso”, ricorda Galina.
La città di Mariupol è ormai sotto il controllo russo da più di un mese e per andare via bisogna affrontare lunghe code, rischiando di dover dormire all’aperto anche per una o due notti, in attesa di passare tutti i controlli dei checkpoint russi.
“Andare a Rostov, in Russia, era molto più semplice e ben organizzato, c’erano degli autobus. Per andare nell’altra direzione, invece, non c’era nessuna informazione. Ma io volevo restare in Ucraina”, dice.
Galina ora si trova a Odessa, dove sua figlia Julia l’ha aspettata per tutto questo tempo senza riuscire a contattarla. Dopo quattro mesi, sono riuscite a riabbracciarsi.
Elena Boromeo, inviata RSI in Ucraina
Da Kiev Elena Boromeo
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