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Assange, libero ma colpevole

Come previsto dagli accordi, il fondatore di Wikileaks si è dichiarato colpevole ed ora può tornare in Australia - Vietato il ritorno negli USA

  • 26 giugno, 06:40
  • 26 giugno, 08:50

Julian Assange è libero

Telegiornale 25.06.2024, 20:00

  • Reuters
Di: Agenzie/RSI Info 

Julian Assange è un uomo libero. Nella notte tra martedì e mercoledì (ora svizzera) si è presentato come previsto davanti a un giudice americano, ed ha riconosciuto di avere istigato la propria fonte - il militare USA Chelsea (all’epoca dei fatti Bradley) Manning - a consegnarli i documenti poi pubblicati su Wikileaks. Il soldato Manning è stato condannato nel 2013 a una pena di 35 anni da una corte marziale, ma è stato liberato dopo sette anni dopo che Barack Obama ne aveva disposto la commutazione della pena.

La giudice del tribunale di Saipan, isole Marianne settentrionali (territorio USA del Pacifico, relativamente vicino all’Australia, di cui il fondatore di Wikileaks è cittadino) ha dichiarato Assange colpevole e lo ha condannato a 62 mesi di prigione, ma avendo già scontato cinque anni in detenzione provvisoria, il 52enne è uscito dall’aula con le sue gambe e senza manette, è salito su un aereo privato ed è tornato in patria. Sul territorio americano non potrà mai più mettere piede senza un permesso di Washington.

La saga è terminata

E’ cosi terminata una saga giudiziaria di 14 anni, iniziati nel 2010 con la pubblicazione di oltre 700 mila documenti confidenziali sulle attività diplomatiche e militari degli Stati Uniti, soprattutto in Iraq e Afghanistan. Assange era stato arrestato dalla polizia britannica nel 2019 dopo sette anni nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra per evitare di essere estradato verso la Svezia, dove contro di lui pendeva una accusa per stupro.

Assange deve ora pagare al governo australiano quasi 500 mila franchi di spese per gli aerei privati usati in questi giorni. Una colletta è stata lanciata dalla moglie, avvocata sudafricana.

La liberazione di Assange è stata salutata da diverse organizzazioni di difesa della libertà di stampa e dei diritti umani e dalle Nazioni Unite. L’ex vicepresidente USA della presidenza Trump, Mike Pence, ha in vece parlato di “falsa giustizia” che disonora i sacrifici delle donne e degli uomini che servono nelle forze armate. Quanto all’attuale amministrazione USA, un portavoce del Dipartimento di Stato ha declinato commenti su quella che ha definito “una questione giudiziaria”.

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