Il maxiprocesso per gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 si apre oggi, mercoledì, nella capitale francese e durerà almeno otto mesi. Sono 20 le persone alla sbarra (14 quelle presenti in aula), per rispondere degli attacchi allo Stade de France, alle terrazze di alcuni ristoranti e al Bataclan. Attacchi che fecero oltre 130 morti. Sono accusate a vario titolo di aver fornito sostegno supporto logistico ai nove membri nel commando che perpetrò gli attentati.
Gli attentatori sono quasi tutti morti poiché o si fecero esplodere con i loro giubbotti esplosivi quella sera, o furono uccisi dai corpi speciali cinque giorni dopo il 13 novembre, mentre si nascondevano in un appartamento della periferia parigina.
Oltre 130 persone sono morte nei diversi attacchi
Questi nove esecutori non possono essere processati, ma lo saranno i venti uomini accusati di aver diretto, organizzato, o partecipato ad attività terroristiche, garantendo agli attentatori un posto in cui nascondersi, comprando armi e il materiale per costruire le cinture esplosive. Cinque di loro mancano però all’appello poiché latitanti: secondo le autorità francesi è però più che probabile che siano morti in Siria, mentre uno di loro è detenuto in Turchia e ha rifiutato l’estradizione.
Riflettori puntati su Salah Abdeslam
I riflettori di questo processo sono però puntati su una figura in particolare: Salah Abdeslam. l'unico assalitore presente a Parigi quella sera ancora in vita. Ha accompagnato tre kamikaze allo Stade de France, poi si è spostato, anche in metrò, infine ha gettato la sua cintura esplosiva in un cestino. Che obiettivo doveva colpire? Si è tirato indietro o come sostengono gli esperti artificieri, c’è stato un problema al giubbotto esplosivo? Domande che restano senza risposta.
Salah Abdeslam
Di certo c’è però che il 31enne belga originario del quartiere Molembek di Bruxelles (dei 20 accusati sette sono originari della periferia della capitale belga) ha scorrazzato per mezza Europa per raccogliere gli altri terroristi che arrivavano dalla Siria (è in questo paese che sono stati concepiti gli attentati, mentre la base organizzativa è stata a Bruxelles); arrestato a Bruxelles cinque mesi dopo gli attacchi, davanti agli inquirenti ha finora fatto scena muta.
È considerato come il meno radicalizzato del gruppo, ma non ha mai fornito la sua versione dei fatti e si dubita fortemente che lo farà durante questo processo.
Il mondo ci guarda
Intervistato da BFM-TV, il ministro francese della giustizia, Eric Dupond-Moretti, ha affermato che "il mondo intero ci guarda" e che oggi c'è una doppia sfida: rendere giustizia "in conformità con le nostre regole secolari ed essere all'altezza da un punto di vista logistico". "Ciò che fa la differenza tra una civiltà e la barbarie sono le regole del diritto", ha aggiunto il ministro.