Analisi

BRICS allargati, così la Cina prepara il suo “anti G7”

Ecco come Pechino si sta facendo “portavoce” delle istanze delle economie emergenti

  • 25 ottobre, 05:51
  • 25 ottobre, 06:29
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I padroni di casa

  • Keystone
Di: Lorenzo Lamperti 

Pacifici, innovativi, verdi, giusti e promotori di un’umanità dal futuro condiviso. Sono questi i principi che devono guidare l’azione dei BRICS secondo la Cina, elencati nel discorso del presidente Xi Jinping durante la sessione plenaria del summit di Kazan. Le parole di Xi dominano, come prevedibile, tutte le prime pagine dei media statali cinesi, che da ormai diversi giorni hanno dedicato enorme attenzione al vertice che si è svolto in Russia. Sin dalla fondazione, i Paesi BRICS si sono spesso raccontati come fautori di un “nuovo ordine mondiale”. In realtà, al di là della retorica a effetto, per diverso tempo la Cina ha interpretato il gruppo soprattutto come un veicolo per sviluppare le relazioni commerciali con le economie emergenti. E in effetti, in 15 anni l’interscambio tra Pechino e gli altri paesi membri è aumentato in modo esponenziale, a un tasso medio dell’11,3% all’anno. Con l’intensificarsi della competizione strategica con gli Stati Uniti, però, la Cina ha cambiato prospettiva e i BRICS sono diventati un cruciale palcoscenico in cui presentarsi come una potenza responsabile e alternativa agli Stati Uniti.

Pechino si vede e si racconta come il “motore propulsore” del cambiamento a cui aspirano i BRICS, descritti come simbolo di un ordine globale più equo, in alternativa a quelli che la Cina chiama “circoli chiusi” con “mentalità da guerra fredda”. I riferimenti, più o meno espliciti, sono a organizzazioni come il G7 o la NATO, raccontati da Pechino come strumenti di propagazione del “desiderio egemonico” degli Stati Uniti.

Il discorso “russo” di Xi assume dunque i toni di un manifesto programmatico, sintomo delle crescenti ambizioni globali di una Cina che ha abbandonato lo storico precetto di Deng Xiaoping: “Nascondi la tua forza, aspetta il tuo momento e non prendere mai il comando”. Nella “nuova era” di Xi la Cina si invita invece a raggiungere “proattivamente gli obiettivi” stando uniti e “osando combattere”. Sul fronte diplomatico, ciò significa riempire di significato politico-strategico i BRICS. Sui media di Pechino viene data grande enfasi alle richieste avanzate da Xi in merito alle guerre in corso: no all’allargamento dei combattimenti e basta “benzina sul fuoco” tra Ucraina e Russia, cessate il fuoco e piena attuazione della soluzione dei due Stati tra Israele e Palestina. La cosiddetta “neutralità filorussa” non impedisce alla Cina di descriversi come l’unico vero attore imparziale sul conflitto, in grado di parlare sia con Mosca sia con Kiev. Quando Xi parla di “benzina sul fuoco” pensa soprattutto al sostegno militare occidentale all’Ucraina, accompagnato dal rifiuto al dialogo con Vladimir Putin. Nella prospettiva della Cina, la posizione più chiara assunta sul conflitto in Medio Oriente sfuma le sue contraddizioni sulla guerra in Ucraina e rafforza la sua immagine di “potenza responsabile” presso i Paesi BRICS e in modo più ampio nel cosiddetto Sud globale.

Non è un caso che sia proprio la Cina a spingere più di tutti per l’allargamento del gruppo, che ha accolto quattro nuovi membri nel 2024 e a Kazan ha accettato 13 nuovi partner nel blocco di mutua cooperazione, una sorta di “anticamera” alla piena adesione. Tra questi, appaiono anche sei Paesi asiatici: Indonesia, Malesia, Thailandia e Vietnam per il Sud-Est asiatico – Kazakistan e Uzbekistan per l’Asia centrale. Si tratta di due regioni ritenute cruciali dalla diplomazia cinese e il processo di allargamento viene esaltato dalla narrativa di Pechino, che lo mette in contrapposizione con il presunto “deterioramento” e “sfilacciamento” delle democrazie occidentali. Soprattutto, più il gruppo si allarga e più la Cina può presentare i BRICS come una sorta di “anti G7”, seppur non esplicitamente, visto che Pechino tiene sempre a ricordare che le sue iniziative diplomatiche non sono mai mirate contro terzi.

In realtà, i BRICS restano ancora una piattaforma piuttosto disarticolata, con i paesi membri che hanno agende piuttosto diverse. Alcuni obiettivi sono anche complicati da raggiungere, a partire da una completa de-dollarizzazione. I media cinesi insistono però molto sul tema, definendo la costruzione di un sistema di pagamento alternativo una “necessità storica”. Lo stesso Xi ne ha parlato nel suo discorso: “Gli attuali sviluppi rendono ancora più urgente la riforma dell’architettura finanziaria internazionale. I Paesi BRICS dovrebbero svolgere un ruolo guida nella riforma. Dovremmo approfondire la cooperazione fiscale e finanziaria, promuovere la connettività delle nostre infrastrutture finanziarie e applicare standard elevati di sicurezza finanziaria”.

Sugli aspetti finanziari, ma anche su quelli climatici ed energetici, Xi utilizza i BRICS per cavalcare posizioni a cui diversi Paesi appaiono molto sensibili. Giocando sulla sensazione di disparità e “ingiustizia” di richieste “troppo elevate” (per esempio sulla riduzione delle emissioni) da parte delle economie più sviluppate, la Cina si presenta di fatto come un “portavoce” delle istanze delle economie emergenti. Non a caso, sul Quotidiano del Popolo, organo ufficiale del partito comunista, si legge di uno Xi che “costruisce mattone dopo mattone un multipolarismo più giusto”. Insomma, i BRICS sono lo strumento con cui la Cina si erge a leader del “Sud globale”, concetto convenientemente sempre più olistico. Anche per questo, Pechino ha interesse a enfatizzare gli obiettivi della piattaforma e non mettere in evidenza criticità e disparità.

Dal summit sono arrivati segnali interessanti anche sul fronte bilaterale, soprattutto dall’incontro fra Xi e il premier indiano Narendra Modi. Si tratta del primo bilaterale ufficiale dall’ottobre 2019. In questi cinque anni, i gravi scontri militari al confine conteso hanno portato a una crisi diplomatica e a una guerra commerciale. Alla vigilia del summit di Kazan, l’annuncio di un accordo sui pattugliamenti alla frontiera ha spianato la strada ai colloqui. La portata e la tenuta dell’intesa, che riguarda nello specifico la sezione occidentale dell’enorme confine conteso, sono in realtà tutte da verificare. Significativo, peraltro, che sul Quotidiano del Popolo l’incontro con Modi non trovi posto in prima pagina, dove invece campeggiano le foto di Xi insieme al presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e a quello iraniano Masoud Pezeshkian. Il passo resta comunque significativo, perché mostra la reciproca intenzione di provare a normalizzare i rapporti, o quantomeno a stabilizzare il disaccordo sulle rivendicazioni territoriali. Si tratta di un aspetto assai importante anche in funzione BRICS. Le tensioni tra Pechino e Nuova Delhi, infatti, sono state sin qui uno dei principali ostacoli a un maggiore allineamento dei Paesi membri. Le buone intenzioni espresse nel bilaterale di Kazan segnalano l’interesse a rimuovere alcune frizioni che hanno condizionato l’azione di un gruppo che, per adesso, non è ancora diventato squadra.

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Le cifre dei Brics

Telegiornale 23.10.2024, 20:00

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