Le prove di disgelo fra i due colossi asiatici Cina e India, membri della prima ora dell’organizzazione ma con rapporti tesi fra loro, sono andate in scena mercoledì al summit dei BRICS in corso a Kazan, in Russia. Quello fra il premier indiano Narendra Modi e il presidente cinese Xi Jinping è stato il primo faccia a faccia da cinque anni a questa parte e il primo dagli scontri di frontiera del 2020, lungo il confine himalayano. Un incontro giunto sulla scia dell’accordo annunciato due giorni or sono sui pattugliamenti sulla linea che separa i due Paesi, un’intesa che ha messo fine allo stallo negoziale che durava da quattro anni.
Il faccia a faccia indo-cinese
Cina e India “dovrebbero rafforzare la comunicazione e la cooperazione, gestire adeguatamente i conflitti e le differenze e realizzare i reciproci sogni di sviluppo”, ha detto Xi a Modi, per il quale invece i rapporti devono essere basati “sulla fiducia reciproca” e “sono molto importanti non solo per i nostri popoli, ma anche per la pace, la stabilità e il progresso globale”.
La maratona diplomatica di Putin
Parallelamente, è proseguita la maratona diplomatica del padrone di casa Vladimir Putin, che dopo Modi e Xi martedì e prima del segretario generale dell’ONU Antonio Guterres giovedì, aveva in programma incontri stavolta con gli omologhi iraniano, venezuelano e turco. Il primo, Massud Pezeshkian, lo aveva già visto di recente ad Ashgabat, a dimostrazione di “rapporti in crescita fra Mosca e Teheran”, che contribuisce con forniture militari allo sforzo bellico russo in Ucraina. L’Iran è uno dei nuovi membri dei BRICS, mentre il Venezuela per ora aspira solo a diventarlo ma si scontra con il veto brasiliano. Nicolas Maduro, ospite a sorpresa al primo viaggio in Russia dal 2019, si è detto aperto ad investimenti russi che possano stimolare i rapporti commerciali fra i due Paesi e l’economia dello Stato latinoamericano, in grande difficoltà.
La stretta di mano fra Vladimir Putin, a destra, e il venezuelano Nicolas Maduro
Inizialmente quattro, i membri dei BRICS sono saliti ora a nove, con gli ultimi arrivi del citato Iran, dell’Egitto, degli Emirati Arabi Uniti e dell’Etiopia. Il gruppo rappresenta ormai circa un quarto del PIL mondiale (oltre un terzo, più dei G7 e in crescita molto più rapida, se lo si calcola a parità di potere d’acquisto) e la metà della popolazione del pianeta. Altri Paesi sono interessati e tre hanno formalizzato la loro domanda di adesione: Azerbaigian, Malaysia e Turchia.
Con Recep Tayyip Erdogan Putin ha parlato di forniture energetiche e dei preparativi per la creazione di un “hub” del gas in Turchia. Gli ha quindi fatto le condoglianze per le vittime dell’attacco terroristico perpetrato presso Ankara proprio in quelle ore.
Dichiarazione finale: spazio al Medio Oriente, poco all’Ucraina
I BRICS hanno pubblicato mercoledì la dichiarazione finale del vertice, con un giorno di anticipo sulla conclusione dei lavori. Un testo di 43 pagine in cui si chiedono “l’immediata cessazione delle ostilità” in Libano e il rispetto della sovranità territoriale del Paese mediorientale, così come la fine degli attacchi israeliani contro l’UNIFIL, la forza delle Nazioni Unite nel Paese dei cedri. L’altro grande conflitto in corso, quello in Ucraina, è menzionato con parole blande: Putin ha accolto con favore le proposte giunte da più parti “di mediazione e di buoni uffici volti a garantire una soluzione pacifica del conflitto”.
Entra nel vivo il vertice dei BRICS
Telegiornale 23.10.2024, 12:30