"Penso che mio padre debba essere ricordato soprattutto per la sua bontà d’animo… Era premuroso… al momento della sua morte eravamo a nostro modo 'preparati', preparati da un padre che tutto avrebbe potuto desiderare fuorché lasciarci orfani così giovani… Ci ha lasciato un grandissimo patrimonio morale e ci ha insegnato a essere umili”.
Nel giorno in cui ricorrono i 25 anni della morte di Paolo Borsellino, Manfredi uno dei tre figli del magistrato italiano, ricorda così suo padre. Una descrizione intima, personale, dove però non mancano pure le critiche, "in verità", scrive, "abbiamo assistito alla morte di un uomo lasciato solo in un momento storico in cui occorreva massima coesione e distribuzione della responsabilità".
Borsellino, legato indissolubilmente al nome di Giovanni Falcone, morì nell’attentato terroristico mafioso avvenuto il 19 luglio del 1992 in Via Mariano D’Amelio a Palermo. Nell’esplosione di una Fiat 126 rubata, furono uccisi anche i cinque agenti di scorta, fra cui la prima donna a ricoprire questa carica. Ci fu un solo sopravvissuto. Il magistrato, che stava indagando sull’uccisione del collega Falcone, stava andando a trovare sua madre. L’ultimo processo per la strage di Via D’Amelio è iniziato da poco, a carico dell’ultimo grande latitante di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro. Una serie di commemorazioni sono organizzate durante tutta la giornata.
ATS/AlesS