Il sogno economico brasiliano sembra essere proprio finito. Si è esaurita la spinta in avanti del gigante emergente che riusciva a combinare la crescita economica con una drastica riduzione della povertà e miglioramenti concreti delle condizioni di vita delle classi sociali più umili. La manovra finanziaria annunciata questa settimana dal governo di Dilma Rousseff è fra le più austere viste finora, una stangata che punta a recuperare ben 16 miliardi di franchi attraverso dei forti tagli alla spesa pubblica e un aumento delle tasse.
Recessione
Si tratta di una scelta obbligata; dopo anni di crescita il Brasile è entrato in recessione. Si prevede un calo del Pil del 2% per quest’anno e del 1.5% per il 2016, il sistema previdenziale è in crisi, i conti pubblici non tornano. Una cartina di tornasole della criticità attuale è stata la bocciatura arrivata la settimana scorsa da parte dell’agenzia di rating Standard and Poor's che ha declassato il Brasile ponendolo fra quelli considerati a rischio per gli investimenti.
Austerity
Una decisione arrivata dopo che il governo aveva mandato in Parlamento una previsione di deficit di 30 miliardi di reais (7,5 miliardi di franchi), pari allo 0.5% del Pil per l’anno in corso. Brasilia ha deciso quindi di correre ai ripari, confezionando un pacchetto di misure improntato sull’austerity assoluta; congelamento dei salari dei dipendenti pubblici, sospensione delle assunzioni nel pubblico impiego, aumento delle tasse e, soprattutto, la reintroduzione di un’aliquota dello 0,2% su tutte le operazioni bancarie o con carte di credito.
La presidente Dilma Rousseff
Le ragioni della frenata sono diverse e vanno dalla decelerazione dell’economia cinese, responsabile per il 35% degli scambi commerciali brasiliani, il calo del prezzo internazionale delle materie prime che il paese esporta, la profonda crisi nell’azienda petrolifera pubblica Petrobras, coinvolta in un grande scandalo di corruzione e la sfiducia generale dei mercati per l’incerto panorama politico attuale, con la Rousseff ai minimi storici di popolarità.
BRICS ridimensionati
Secondo Carlos Langoni, direttore del Centro di economia mondiale della Fondazione Getulio Vargas, questa crisi avrà delle conseguenze dirette sull’economia globale e porterà, considerando anche la frenata cinese e i problemi della Russia e del Sudafrica, ad un ridimensionamento del peso dei paesi emergenti riuniti nel cosiddetto blocco dei BRICS.
L'intervista a Carlos Longoni, del Centro studi economia mondiale, Fondazione Getulio Vargas - di Emiliano Guanella
RSI Info 16.09.2015, 13:16
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La manovra finanziaria dovrà passare ora al vaglio del Parlamento e si prevede un iter complicato per l’ostracismo dell’opposizione, ma anche per lo scetticismo di diversi partiti alleati della coalizione di Governo. Dilma ha fatto capire che non c’è altra soluzione che tirare le cinghia e ha fatto un appello alla responsabilità dei parlamentari per non creare una situazione di stallo in un panorama economico e socio-politico preoccupante.
Emliano Guanella