All'interno dei capannoni che accolgono il vertice ONU di Katowice, in Polonia, sui cambiamenti climatici può capitare anche questo: incappare in conferenze promosse dai rappresentanti di società petrolifere. Lo scopo: nascondere le emissioni di CO2 sottoterra, anche negli spazi rimasti vuoti dopo l'estrazione di petrolio e gas, con una tecnica denominata Carbon Capture and Storage (CCS); ossia cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica.
Ma quanto CO2 si potrebbe potenzialmente immagazzinare in questo modo? Vicky Hudson è consulente su questioni ambientali ed è una delle relatrici: "L'Agenzia internazionale dell'energia si aspetta di raggiungere lo scenario dei 2 gradi centigradi di surriscaldamento globale - spiega la relatrice - Abbiamo bisogno quindi di immagazzinare 7'000 megatonnellate di CO2 all'anno, e questo deve avvenire in modo uniforme, attraverso tutti i diversi settori, che sia quello energetico o industriale. Al momento non abbiamo ancora raggiunto lo scenario che ci permette di rispettare questo limite dei 2 gradi, ma c'è il potenziale per ulteriori capacità tecnologiche di sicurezza a livello dell'immagazzinamento. Oggi possiamo dire che la tecnologia è pronta per partire".
La prospettiva sembra allettare l'industria petrolifera: le emissioni nocive per l'ambiente potrebbero essere catturate subito e compresse nel sottosuolo. Alcuni progetti sono già stati lanciati ma per il momento questa tecnica non decolla. Si parla di megatonnellate e gigatonnellate di CO2 da iniettare in forma compressa nel sottosuolo. Quanto è sicuro?
"Sicuramente la sicurezza è stata migliorata - risponde la Hudson - ora bisogna semplicemente avere un piano per il monitoraggio e aumentare le conoscenze. Noi stiamo lavorando sulla condivisione di idee, delle conoscenze tra i paesi. Così i costi si potrebbero ridurre dell'82-83%. il prossimo importante passo è dunque quello verso una collaborazione globale, per ottenere la tecnologia dove occorre".
Come mai però la CCS non decolla? Le imprese non sono abbastanza interessate? Oppure non c'è la volontà politica?
"Penso sia difficile dire quale sia il motivo - conclude l'esperta - Forse alcuni paesi non hanno ancora regolamenti e politiche in materia, altri magari non hanno i luoghi dove effettuare questo immagazzinamento. Ci vogliono determinate condizioni geologiche o magari non hanno preso in considerazione la possibilità di esportare il CO2. Altri hanno le capacità per puntare sulle rinnovabili, e magari non hanno bisogno della CCS. Ma innanzitutto ci vogliono appositi regolamenti per permettere la realizzazione di questi progetti".