I pubblici ministeri di Firenze, che indagano sulla fondazione Open, hanno chiesto il processo per Matteo Renzi e per altre dieci persone, tra cui i parlamentari Maria Elena Boschi e Luca Lotti e l'imprenditore Marco Carrai.
I magistrati che hanno passato al setaccio i flussi di denaro finiti nella fondazione, nata per sostenere le iniziative politiche di Renzi, contestano, a vario titolo, i reati di finanziamento illecito ai partiti, traffico di influenze, corruzione, autoriciclaggio ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.
La tesi dell'accusa è che Open avrebbe agito come una vera e propria articolazione di partito, e in particolare della corrente del Partito Democratico legata a Matteo Renzi. Nelle casse dell'ente dal 2014 al 2018 sarebbero "scivolati" 3,5 milioni di euro in violazione delle norme sul finanziamento ai partiti.
Il leader di Iv, considerato dai pubblici ministeri direttore di fatto di Open, è accusato di finanziamento illecito ai partiti in concorso con l'ex presidente, l'avvocato Alberto Bianchi, con i componenti del consiglio d'amministrazione, Marco Carrai, Luca Lotti e Maria Elena Boschi e con l'imprenditore Patrizio Donnini.
Contestazioni senza fondamento per il leader di Italia Viva: "Io non ho commesso reati, spero che i magistrati fiorentini possano in coscienza dire lo stesso", afferma Renzi.
Subito dopo la richiesta di rinvio a giudizio, Renzi ha denunciato i tre magistrati inquirenti alla procura di Genova, competente ad indagare sulle toghe toscane.
Il reato di finanziamento illecito ai partiti contestato a Renzi rappresenta solo un aspetto dell'inchiesta fiorentina. Dovrà difendersi anche dall'accusa di corruzione Luca Lotti, all'epoca dei fatti sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e segretario del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe): per la procura si sarebbe adoperato affinché in Parlamento venissero approvate disposizioni normative favorevoli al concessionario autostradale Toto Costruzioni spa.
In cambio di queste attenzioni Lotti avrebbe ottenuto finanziamenti per Open. In particolare, sostengono i pubblici ministeri, il gruppo Toto avrebbe versato al presidente della fondazione, avvocato Alberto Bianchi, 800'000 euro a fronte di una prestazione professionale fittizia. Di questa somma, Bianchi avrebbe poi versato 200'000 euro a Open e altri 200'000 al Comitato per il Sì al referendum sulla riforma costituzionale. Per questi fatti oltre a Lotti sono accusati di corruzione Bianchi, l'imprenditore Patrizio Donnini e Alfonso Toto referente di Toto Costruzioni.
Sempre Lotti poi si sarebbe adoperato su disposizioni normative in materia di accise sui tabacchi lavorati in favore della British America Tobacco, ricevendo in cambio tra l'altro finanziamenti a Open per oltre 250'000 euro.
L'udienza davanti al giudice per le udienze preliminari di Firenze è fissata per il 4 aprile.