Con qualche difficoltà organizzativa si sono aperti domenica in Cile i seggi per un voto (che riguarda l'elezione del presidente della repubblica e dei membri del Parlamento), che cambierà con tutta probabilità il volto del Paese.
Circa 15 milioni di persone sono chiamate alle urne per confermare, o correggere, l'esito di precedenti tornate che hanno indicato un marcato spostamento a sinistra dell'elettorato cileno, ma anche un processo di polarizzazione alle estremità dell'arco politico.
Secondo i sondaggi, infatti, il prossimo ospite del Palazzo della Moneda emergerà quasi certamente da un ballottaggio il prossimo 19 dicembre fra José Antonio Kast (Frente social cristiano, estrema destra) e Gabriel Boric (Apruebo Dignidad, sinistra).
Si tratta di elezioni di portata storica, che giungono dopo una stagione di proteste popolari scoppiate nel 2019 e dopo il voto per una Assemblea costituente in cui hanno prevalso candidati di sinistra, indipendenti e di movimenti sociali di base.
I risultati di domenica saranno cruciali anche per la configurazione del nuovo Parlamento. Più di 1.000 candidati si contendono i seggi della Camera e circa 170 quelli del Senato.
C'è molta incertezza sulle proporzioni della possibile vittoria dei partiti di centro-sinistra e sinistra nelle legislative: se ottenessero il controllo dei 2/3 del Parlamento, il modello economico cileno potrebbe cambiare profondamente; modifiche che peraltro si attendono anche dalla Costituzione che sostituirà quella voluta dal dittatore di estrema destra Augusto Pinochet nel 1980.