“Il futuro è adesso”. Così si intitola il rapporto che Peter Messerli tiene in mano. Ci è voluta tanta pazienza. Questo documento è in discussione ora all’ONU, ma ha avuto origine nel 2012, nella Conferenza sullo sviluppo sostenibile di Rio de Janeiro. Ci sono voluti anni di discussioni per definire le priorità dell’ONU entro il 2030 e condividerle con i 193 paesi membri.
Il rapporto è stato scritto da 15 esperti indipendenti scelti dal segretario Generale dell’ONU. Tra loro anche lo svizzero Messerli, uno dei co-direttori di questo documento. All’Università di Berna dirige il Centro per lo sviluppo e per l’ambiente. E proprio per questo il suo lavoro non tiene conto solo dell’emergenza del cambiamento climatico, ma anche dei meccanismi legati a questo fenomeno.
Lunedì all'ONU una sessantina di paesi ha promesso di diventare entro il 2050 “carbon free”, cioè senza l’uso delle energie fossili. Tante, tantissime promesse, da parte di alcuni. Nessuna da parte dei più grandi produttori di CO2, come gli stessi Stati Uniti, India, Brasile e Cina.
Eppure tutti – compresi questi paesi – possono percepire i segnali di allarme provocati dal cambiamento climatico. Sono evidenti - dice Messerli – “a partire dall’aumento del livello dei mari e delle temperature”.
Un clima di disuguaglianze
Eppure ci sono altri segnali allarmanti, insiste il direttore del Centro per lo sviluppo e l’ambiente in questa intervista con la RSI – a partire dalle disuguaglianze. Ci sono gruppi sempre più marginalizzati che non hanno accesso a sviluppo sociale né risorse. Non è questione di proteggere l’ambiente o lottare contro la povertà. La questione chiave è come possiamo ridefinire il benessere umano. La vera sfida è riconfigurare la relazione tra l’umanità e l’ambiente. In questo caso – avverte il docente di Berna - occorre agire in modo molto rapido. Altrimenti quel "futuro" di adesso rischia di diventare un passato.