La Camera bassa di Delhi, in India, ha approvato (125 voti contro 99), il contestato emendamento alla legge sulla cittadinanza, che discrimina gli immigrati di religione islamica: legalizza l'immigrazione da alcuni paesi vicini (Afghanistan, Pakistan e Bangladesh) ammettendo l'entrata di persone di qualsiasi religione (induisti, buddisti, cristiani, zoroastriani, giainisti) ma esclude i musulmani. Uno schiaffo alla laicità dello Stato, che sta sollevando proteste all'interno e all'esterno del Paese. A festeggiare sono invece quanti temono che gli immigrati di religione islamica diventino maggioranza, stravolgendo l'identità nazionale, in particolare nelle aree più vicine ai confini.
Il primo ministro pachistano, Imran Khan, ha tuonato contro il suo omologo indiano Narendra Modi per la sua "agenda suprematista" a favore degli hindu, arrivando a paragonare l'India sotto il suo Governo alla Germania nazista e avvertendo che, se la comunità internazionale non interverrà, si rischia "una guerra".
In una serie di tweet, Imran Khan cita come esempi della politica suprematista di Modi "l'annessione illegale" della parte del Kashmir controllata dall'India, "la revoca della cittadinanza a due milioni di musulmani indiani dell'Assam", l'apertura di "campi di internamento" e, ora, la legge sulla cittadinanza. Tutto questo - aggiunge il premier pachistano - accompagnato dai linciaggi di musulmani e appartenenti ad altre minoranze". "Come nella Germania nazista - conclude Imran Khan - il dissenso in India è stato emarginato e il mondo deve intervenire prima che sia troppo tardi".