Anche l’Unione europea guarda con molta attenzione al giuramento di Donald Trump a Washington, e ai primi provvedimenti che firmerà il nuovo presidente. Il miliardario ha tenuto dichiarazioni ostili, ma da Bruxelles si è preferito evitare lo scontro. “Non serve a nulla che la Commissione europea faccia delle proposte e le presenti in tv e alle radio, se poi siamo sconfessati dai capi di Stato e di governo. Gli europei devono rimanere uniti”. Lo ha sottolineato il vicepresidente della Commissione Stéphane Séjourné, in un messaggio che non è rivolto tanto agli Stati Uniti quanto ai leader dei 27.
Il vicepresidente della Commissione europea, Stéphane Séjourné
Le volontà del presidente repubblicano di ritornare a una politica protezionistica incentrata sui dazi e di disimpegnare gli Stati Uniti dalla difesa del Vecchio continente e dalla guerra in Ucraina sono chiare, come esplicite sono anche le ostilità nei confronti dell’UE da parte dei capi di X e Meta, ovvero Elon Musk e Mark Zuckerberg .
Per ora, tuttavia, Bruxelles preferisce prepararsi dietro le quinte a negoziati muscolari e a mostrare alla controparte i vantaggi di buoni rapporti con gli alleati e di un maggior impegno europeo nella difesa e nella NATO, senza rincorrere le dichiarazioni bellicose da oltreoceano.
Gli Stati Uniti restano il principale partner commerciale e il primo investitore nell’UE; i 27, dal canto loro, mantengono una bilancia commerciale attiva con gli USA e per 80 anni hanno goduto della protezione militare di Washington. Che Trump intenda attuare davvero le sue frasi incendiarie (come quelle sull’acquisizione della Groenlandia) o meno, l’UE deve prepararsi all’onda d’urto, e l’unità dei 27, per il vicepresidente della Commissione europea, è la sola opzione credibile.
A Washington, all’investitura, è stata invitata una sola capa di governo per tutta l’UE: Giorgia Meloni. Sarà interessante capire se la presidente del Consiglio italiana si porrà in veste di mediatrice per conto di tutto il blocco o se non finirà con l’essere invece una leva per il “divide et impera”, dividere per trionfare, in cui Trump è maestro.